venerdì 24 dicembre 2010

BUON NATALE!!!

Buon Natale a tutti dalla mommy's family...
... presto tutti i dettagli dei festeggiamenti molto "sui generis" della tua famiglia...
intanto godetevi questa splendida filastrocca!

S’io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento,
ma non l’alberello finto,
di plastica, dipinto
che vendono adesso all’Upim:
un vero abete, un pino di montagna,
con un po’ di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere,
e sui rami i magici frutti: regali per tutti.


Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a fare magie
per tutte le vie.
In via Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole
d’ogni qualità,
che chiudono gli occhi
e chiamano papà,
camminano da sole,
ballano il rock an’roll
e fanno le capriole.
Chi le vuole, le prende:
gratis, s’intende.
In piazza San Cosimato
faccio crescere l’albero
del cioccolato;
in via del Tritone
l’albero del panettone
in viale Buozzi
l’albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.


Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto
all’albero dei trenini:
va bene piazza Mazzini?
Quello degli aeroplani
lo faccio in via dei Campani.


Ogni strada avrà un albero speciale
e il giorno di Natale
i bimbi faranno
il giro di Roma
a prendersi quel che vorranno.


Per ogni giocattolo
colto dal suo ramo
ne spunterà un altro
dello stesso modello
o anche più bello.


Per i grandi invece ci sarà
magari in via Condotti
l’albero delle scarpe e dei cappotti.


Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono
che posso fare?


Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.

Gianni Rodari

lunedì 13 dicembre 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Amica single n.1: Ma allora non vi ho più raccontato di venerdì sera…
Mom: Sei uscita con Gianluca, giusto?
Amica single n.2: Ma nooooooo! Ancora con quello!!Figurati, roba vecchia!Qui c’è una new entry, non lo sapevi?
Mom: Ehm, no. Beh chi è allora questo?
Amica single n.1: ma, un tipo che ho conosciuto in palestra. Mi piace proprio un sacco. Carino, intelligente…
Amica single n.2: e allora venerdì come è andata?
Amica single n. 1: beh, adesso è un po’ che ci conosciamo, diciamo che stiamo insieme… e beh, ne abbiamo fatte di cose in questi mesi, ma questo venerdì ragazze…
Mom: questo venerdì… ?
Amica single n.1: beh, questo venerdì è stata davvero TRASGRESSIONE allo stato puro! Non immaginate che serata…vi racconto?
Amica single n.2: certo, ce lo chiedi?
Mom: vabbè, ora mica c’è bisogno di stare a sentire i particolari, ha detto trasgressione, si capisce, no? Insomma con un minimo di immaginazione ci si arriva…
Amica single n.2: beh, non è detto. Non è mica così automatico. “Trasgressione” è una parola ampia… può comprendere molte cose…
Amica single n.1: eh già…
Amica single n.2: insomma magari per me è trasgressivo farlo in macchina, o chessò mettermi qualcosina di molto attillato, molto nero, molto di pelle…non so se mi spiego…
Mom: direi che l’immagine è abbastanza chiara.
Amica single n.1: ecco, appunto. Allora per me magari il completino di pelle nera è il massimo della trasgressione, mentre per lei questa parola assume significati più ampi… che ne sai? Per te, per esempio, qual è il massimo della trasgressione?
Mom: farlo durante un mercoledì di coppa?

venerdì 3 dicembre 2010

QUI NON SI TOCCA

Una campagna importante. Un piccolo aiuto per tutti i genitori per proteggere i propri figli. Un approccio delicato per affrontare un tema dannatamente attuale. Visitate il sito, diffondetelo e dite la vostra.

lunedì 22 novembre 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Interno giorno – Festa di bambini urlanti.

Mamma n. 1: La torta la vuoi?
Mom: Certo! Al cioccolato… la mia passione! Ha un aspetto meraviglioso!
Mamma n. 1: E tu la gradisci un po’ di torta?
Mamma n. 2: No grazie.
Mamma n. 1: Non ti piace la torta al cioccolato?
Mamma n. 2: No, no, anzi. È che…
Mamma n.1: Stai a dieta?
Mamma n. 1: no, sto attenta.
Non resisti. Ti volti. La guardi.
Alta. Magra. Curve al posto giusto. Praticamente perfetta.

giovedì 11 novembre 2010

Di Ruby, Nadie e bunga bunga...

Basta. È davvero troppo. Troppe pseudo opinioni, pseudo dibattiti, pseudo sondaggi. Troppe parole. Parole che ruotano intorno a cosa? Al nulla più totale. Perché di fronte a certi fatti ogni frase in più è totalmente superflua. Completamente inutile. Di più. Ogni parola al riguardo altro non è che un’ulteriore offesa.

venerdì 29 ottobre 2010

Il Cucciolo compie un anno

E già… il tuo Cucciolo compie il suo primo anno. Si può dire che questo blog sia nato insieme a lui e con lui. Nato insieme a quell’esserino che cresceva nella tua pancia e che, per la seconda volta nella tua vita, ti costringeva a riconsiderare la tua intera esistenza. È stato un nuovo sconvolgimento. Per te, per l’Uomo Altrove e soprattutto per Piccola Despota, che si è trovata a dover spartire il proprio dominio incontrastato con quel puffetto frignante che non le ispirava veramente nessuna simpatia. Ma, come al solito, avete affrontato la sfida. Come si fa nelle Famiglie, quelle con la maiuscola. Come ti hanno insegnato i tuoi genitori. Avete fatto quadrato.

sabato 9 ottobre 2010

Top five

Dopo una lunghissima assenza finalmente tornano a grande richiesta le Top five. Quelli che non hanno la minima idea di cosa siano, possono farsi un veloce ripassino su questo post. Puoi solo dire che è qualcosa che a che fare con “Alta fedeltà”, ma non aggiungi altro perché rischieresti di ripeterti. Dunque, la top five di oggi nasce da una tua riflessione che ormai è diventata una vera e propria ossessione.

mercoledì 22 settembre 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Mom: vedrai amore, questo è un cartone davvero bello, piaceva molto anche alla mamma da bambina... certo la storia è un po' triste, ma alla fine vedrai tutto si conclude per il meglio. Poi , vedi? è ambientato nel bosco, gli animali, i fiori, guarda com'è colorato...
Piccola Despota: sì ho capito, ho capito, ma se non la smetti di parlare come faccio a vederlo?
Mom: sì, hai ragione tesoro di mamma, scusa, è che ero ansiosa di spiegarti la storia...
Piccola Despota: ansiosa??!!??
Mom: ah sì, "ansiosa", forse per te è una parola un po' difficile. Come posso spiegarti, dunque, si dice "ansiosa" per intendere...
Piccola Despota: MA LA SMETTI DI PARLARE???VOGLIO VEDERE IL CARTONE!!!COSÌ NON CI CAPISCO NIENTE!!!
Mom: scusa, scusa hai ragione, sto zitta. Dimmi tu quando devo parlare, ok?
Piccola Despota: ok, ok. Solo che ora mi sono persa un pezzo. Chi è questo qui?
Mom: questo bellissimo cerbiatto dagli occhioni dolci?
Piccola Despota: sì quello che sembra un cane, più alto e più magro.
Mom: in realtà è parecchio diverso da un cane...
Piccola Despota: CHI È?
Mom: sì, quello è Bambi, un cucciolo di cerbiatto.
Piccola Despota: capito. E perché è triste?
Mom: eh, questo è uno dei momenti più drammatici di tutto il cartone, la tragedia dalla quale poi scaturisce tutta la storia...
Piccola Despota: si vabbè... ma PERCHÉ È TRISTE?
Mom: beh, è triste perché ha perso la mamma.
Piccola Despota: come l'ha persa? Non riesce più a trovarla? Si è nascosta?
Mom: no amore, l'ha persa nel senso che... è morta, ecco.
Piccola Despota: ah... poverino...
Mom: eh già...
Piccola Despota: e adesso chi cucina?

sabato 11 settembre 2010

TANTI AUGURI A TE!

Incredibile ma vero!! Oggi il tuo blog spegne la prima candelina… Quasi ti emozioni! Da non credere: è già trascorso un anno da quando, timida e panciuta, ti sei affacciata nella blogsfera. Che dire? Questa avventura ti ha affascinato ogni giorno di più, ed è stato davvero divertente ed emozionante conoscere tutti voi e ritrovarvi fedeli a commentare i tuoi pazzi post sulle tue acrobazie quotidiane!!
Bene, ora vorresti evitare di scadere nel patetico, per cui, in occasione del tuo primo compleanno da blogger hai deciso di festeggiare dando un grande annuncio: HAI VINTO IL PRIMO PREMIO!!!!

giovedì 2 settembre 2010

DIETA

Premessa: hai trascorso l’adolescenza a ingurgitare litri e litri di passato di verdure, chili di petto di tacchino ai ferri e ogni sorta di intruglio, senza mai riuscire a vedere quel maledetto ago della bilancia spostarsi DAVVERO da dove si trovava a dove AVREBBE DOVUTO trovarsi. Poi un giorno, di punto in bianco, hai preso una decisione drastica: BASTA DIETE! Da quel giorno hai iniziato a mangiare quello che volevi, come e quando ne avevi voglia. E… incredibile! Hai iniziato a dimagrire!

venerdì 27 agosto 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Amica: Oggi ti vedo particolarmente di buonumore, che succede?
Mom: ma, niente…
Amica: come niente, si capisce lontano un miglio che c’è qualcosa! Sarai mica incinta?
Mom: sarai mica matta?
Amica: sì, hai ragione ho esagerato… ma insomma mi vuoi raccontare qual è la novità che ti rende così solare ed allegra?
Mom: io sono sempre solare e allegra!
Amica: se vabbè…
Mom: ok, ok… non è successo nulla di particolare, una piccola cosa... Sai quei piccoli gesti, quelli di cui parliamo sempre noi donne? Quelli per i quali di solito i nostri compagni non si sprecano mai? Ecco uno di quelli. Perché poi, riflettendoci bene, ho capito che il mio atteggiamento in fondo è sbagliato. Questo essere sempre così prevenuta nei confronti del genere maschile, questo colpevolizzare continuamente. Per non parlare della nostra stupida convinzione che gli uomini siano poco sensibili, che non sappiano accorgersi dei nostri stati d’animo, dei momenti che attraversiamo…
Amica: ma insomma cosa è successo?
Mom: ecco, ieri l’Uomo Altrove mi ha davvero sorpresa. Mi ha fatto una proposta così carina, inaspettata… È evidente che non è come credevo. Sai quando ti dicevo che è più forte di loro, che gli uomini non sanno intuire i nostri desideri, non sono capaci più di sorprenderci? Ecco, sbagliavo. Lo voglio dire a gran voce: mio marito non è come gli altri. Credo che si sia accorto che ho passato un momento particolarmente stressante, con la nascita del Cucciolo e tutto il resto…
Amica: ma allora cosa ha fatto?
Mom: ieri sera, così all’improvviso mi dice: "vogliamo andare a Monaco questo inverno?". Capisci? Un viaggio! Io e lui. Non è romantico?
Amica: non so come dirtelo.
Mom: cosa?
Amica: sono usciti i gironi di Champions League.

venerdì 23 luglio 2010

Se la fortuna è dietro l’angolo, spesso la sfiga si apposta proprio dietro il tuo ombrellone!

La vita è tutta una questione di fortuna. Così ti ripete sempre tua nonna, e devi ammettere che la saggezza popolare non si smentisce mai. È questione di fortuna anche in vacanza. Anche sotto l’ombrellone. Perché i casi della vita spesso si manifestano nelle piccolissime cose. Eventi all’apparenza insignificanti che invece possono fare la differenza. Il vostro vicino di ombrellone, per esempio, può davvero cambiare le sorti della vostra vacanza. Per una serie di circostanze fortuite, infatti, recandovi in spiaggia il primo giorno, potreste incappare in una delle seguenti eventualità, ognuna delle quali è destinata a cambiare fatalmente l’andamento delle vostre ferie:

A) La vostra vicina di sdraio è una mamma giovane e brillante, con due figli che (coincidenza!) hanno più o meno l’età dei tuoi cuccioli.
È la svolta delle tue vacanze. Ti aspetta un mese di chiacchiere e risate con quella che diventerà la tua anima gemella dell’estate. Parlerete di libri, politica e uomini, mentre i vostri figli si rotoleranno allegri nella sabbia senza minimamente reclamare la vostra presenza.
Se la vita è questione di fortuna, in questo caso si tratta evidentemente di una fortuna sfacciata. E naturalmente non è ciò che ti è toccato in sorte quest’anno.
B) Nella sdraio accanto alla tua siede una vecchia signora imbellettata che sfoglia annoiata riviste di gossip e ti accoglie festosa come un'oasi nel deserto. L’amabile signora pretenderebbe infatti di deliziarti con estenuanti conversazioni sui suoi reumatismi, mentre tu sei indaffarata nel cambio pannolino del Cucciolo e sei costretta a cimentarti in improbabili castelli di sabbia per intrattenere la Despota che lamenta ossessivamente la mancanza di bambini nel raggio di un metro (“mi annoio, che facciamo? Che facciamo mi annoio…..!” e così per tutta la giornata).
In questo caso la vacanza è solo parzialmente compromessa. L’importante è non perdersi d’animo. Nei primi giorni ti impegnerai nella ricerca disperata di qualche amichetta con cui la Despota possa costruire castelli per tutta la vacanza. Per quanto riguarda la vecchia signora, non c’è chiacchiera che un buon Ipod non possa annientare. Si può dunque parlare di una discreta dose di sfiga, alla quale si può tuttavia contrapporre un’ostinata buona volontà che tutto aggiusta.
Ma non è stato nemmeno questo il tuo caso quest’anno. Per sapere cosa ti ha riservato il destino cinico e baro (è proprio il caso di dirlo!), bisogna esaminare il caso C, che – lo anticipi subito – è quello relativo alla sfiga più nera. Quella senza alcuna possibilità di scampo.
C) Ecco dunque il tuo caso. Da manuale. È il tuo primo giorno di vacanza. Carica di ottimismo e buoni propositi (oltre che di asciugamani, figli, giocattoli e snack di ogni tipo), raggiungi quello che per il mese a venire sarà il tuo ombrellone. Con la grazia di un elefante scarichi borse e sacche e parcheggi il passeggino. Usi tutto il fiato che hai in dotazione per gonfiare piscinette, braccioli e giochi di ogni foggi a e colore, e alla fine ti accasci esausta sul tuo sacrosanto lettino. Inforchi gli occhiali da sole e inizi a curiosare. Uno sguardo a destra, uno a sinistra: tutto nella norma. Quest’anno la situazione non sembra male. Ma le sorprese più grandi spesso ci colgono alle spalle. E infatti all’improvviso il tuo sguardo si posa distrattamente sull’ombrellone dietro al tuo. Lo occupa una donna. Giovane. Carina. “E vabbè” – pensi – “si può fare”. Finché la leggiadra donzella non si volta per prendere l’olio solare nella borsa. Un perizoma! O meglio: un sedere fantastico dentro un filino di stoffa colorata! No. Questo no. Ti volti immediatamente verso Uomo Altrove, tornato prontamente sulla terra, per sbirciare da sotto il giornale cotanta grazia strizzata in così poca stoffa. Un’ondata di rabbia ti pervade. Questo è troppo. Ma perché proprio vicino al tuo ombrellone? Cosa hai fatto di male per meritare questo? Ok, ora smettila di fare la ragazzina e cerca di tornare in te. Sei in vacanza, devi rilassarti. È solo un bel sedere. Che sarà mai? Beh, certo è talmente ben fatto da sfiorare la perfezione, ma non andiamo per il sottile. Vogliamo davvero attaccarci a queste piccolezze? È solo forma. Tu sei una persona di sostanza. Dunque, non c’è nulla per cui arrabbiarsi. Eppure quel senso di irritazione condito da una leggerissima e del tutto insana invidia, continua a pervaderti. Ma insisti nella tua opera di auto-convincimento: in fondo, un bel corpo non è certo la cosa più importante della vita! No, però… Niente però. Basta pensare a queste sciocchezze! E poi, parliamoci chiaro, si fa presto a mettersi un perizomino strizzato quando si è nel pieno della forma. Non ha mica partorito due figli, QUELLA.
“Mamma aspettaci!” – delle fastidiose voci fuori campo interrompono il tuo flusso di coscienza. Voci di bambini. I SUOI bambini. I suoi figli. Tre, per l’esattezza. Ora le chiacchiere stanno davvero a zero. La tua autostima pure. In questo preciso istante c’è solo una cosa che vorresti fare: prendere la paletta della Despota e sotterrarti nella sabbia, per riemergere a fine vacanza.
Ecco, se la vita è questione di fortuna, spesso basta un po’ di sfiga per rovinarti la vacanza.

mercoledì 21 luglio 2010

Tempo di vacanze

Chiedi venia per la prolungata assenza, ma nella Mommy's house è arrivato il momento delle sospiratissime vacanze. Con i potenti mezzi a tua disposizione non è molto facile riuscire a scrivere dalla trasferta vacanziera, ma prometti che ci proverai in ogni modo. E ogni volta che (come in questo momento) riuscirai a sfilare il portatile da sotto il naso all'Uomo Altrove, proprio mentre i Cuccioli dormono, coglierai l'attimo per raccontare un po' delle tue mammosissime vacanze!

martedì 29 giugno 2010

Nuova voce alle donne

Perché ci sono donne e donne.
Parliamone, discutiamo, confrontiamoci.
Diamoci voce.

http://www.repubblica.it/cronaca/2010/06/29/news/documento_donne-5197806/?ref=HREC2-3

mercoledì 23 giugno 2010

A proposito...

Cogli al volo lo spunto del tuo ultimo post per fare una piccola precisazione: il titolo di questo blog non è nato tanto “per caso”. Vuole essere, evidentemente, una citazione, ma estremamente ironica. Quando hai deciso di inaugurare questo piccolo spazio tutto tuo nel quale parlare della tua avventura di instancabile donna, lavoratrice, innamorata e sognatrice che, diventata mamma, diviene dapprima isterica ed esagitata, e poi, passo passo, impara a ridere di se stessa e inizia tutto sommato a divertirsi; bene, quando hai deciso di aprire questo blog, non sai perché ma ti è subito venuta in mente lei, Carrie. Ti sei ricordata quelle scene della serie in cui l’affascinate giornalista si accomoda voluttuosa sulla sua scrivania (sempre mezza nuda e con lo stacco di coscia ben in evidenza), davanti a uno scintillante Apple e inizia a scrivere con un sigaretta in mano e lo sguardo rivolto all’infinito. Sfumata questa immagine, hai pensato a te, e con una telecamera ideale hai zoomato sulla tua figura un po’ spettinata che, seduta per terra, con un portatile sgangherato sulle ginocchia, tenta di scrivere mentre cerca di fare addormentare il Cucciolo, con ancora il biberon in mano. Ora, come direbbe qualcuno, “la differenza salta agli occhi”. Tra te e Carrie ce ne passa.. Ma – ti sei detta – chi vuole ancora sentir parlare di irraggiungibili chimere quali scarpe costosissime e orgasmi multipli? Insomma, perché non mettere un attimo i piedi per terra e parlare delle nostre giornate, così come sono: incasinate, imperfette, spesso improvvisate? E allora perché non dare un bel calcio nel sedere alla bella Carrie e alle sue amichette con i loro non-problemi (della serie: quale abito metto per la prima di domani? Quale uomo mi porto a letto stasera? Quale cocktail scegliere per l’aperitivo con le amiche?) e mostrare invece quanto possa essere affascinate, romantica e soprattutto estremamente buffa e divertente la vita normalissima di una normalissima Mom?
Nasce così Mom and the City.

lunedì 14 giugno 2010

Sex and the City 2. Uno era già troppo...

Ieri sei andata al cinema. Già questo merita un plauso, viste le acrobazie nella quali ti sei esibita per poter uscire alle 20.30 dopo aver preparato la cena a Despota e Uomo Altrove, allattato il Cucciolo e aver provato a renderti presentabile in pubblico in soli dieci minuti. Era, manco a dirlo, un’uscita tra donne, e la vostra fedeltà ai più nobili cliché imponeva che avreste visto Sex and the City 2. Ora, normalmente dopo aver visto un film ti viene naturale azzardare una piccola critica o perlomeno buttare giù qualche commento con le tue amiche. Ma stavolta no. Sei uscita dalla sala con l’espressione tra il depresso e l’allucinato. Certo, eri consapevole che la scelta non era caduta su un film di Truffaut, ma speravi almeno in un paio di ore di sana evasione. Eri molto, molto ottimista. A questo punto magari sarebbe il caso di argomentare il tuo disappunto, di buttare giù uno straccio di critica, raccontare la trama, almeno. Ma come puoi? Si può descrivere il nulla più totale? Ecco, se proprio dovessi trovare una definizione, lo definiresti il film dell’assenza. Assenza di trama innanzitutto. Assenza di sceneggiatura. Assenza di senso del pudore. E non per le scene di sesso o le battute spinte, ma per il semplice fatto che ci vuole parecchio coraggio per mettere in circolazione un film del genere. Una larga fetta di lettrici ora ti starà dando della bacchettona o dell’intellettuale con vezzi radical chic, ma non è così. Altrimenti non saresti neanche andata al cinema a vedere una pellicola del genere. E invece hai voluto dargli una possibilità: in fondo la serie la trovavi divertente proprio per quel suo modo di essere così eccessiva, anche se a volte sfiorava la caricatura. Però quattro risate te le strappava. Ma il film no. Il film ti ha fatto uscire dalla sala con l’amaro in bocca. Perché la succitata sale era piena. Di donne, naturalmente. Che non hanno fatto altro che commentare vestiti, scarpe, gioielli, uomini. E sospirare. “ Ah… che gonna!”, “Ah… che tacchi!!”, “Ah… che figo!”. Come se davvero quello fosse l’ideale di donna irraggiungibile e perfetto. E qui scatta l’amarezza. Ma davvero le uniche cose che una donna possa desiderare sono scarpe e vestiti costosi e un uomo prestante che le faccia regali altrettanto costosi? Ma perché dobbiamo sempre darci la zappa sui piedi noi donne? Ma saremo un tantinello più in alto di uno stereotipo così (lasciatemelo dire) volgare? Insomma quel film, quella sala, quei commenti, ti hanno fatto riflettere parecchio. Perché hai dovuto constatare, tuo malgrado, che per molte donne quello è “Il Sogno” di una vita. Quelli i “valori” in cui credere. E questo ti ha fatto rabbrividire. Tanto più considerando il fatto che hai una figlia femmina. Insomma, è davvero questo ciò che vogliamo trasmettere alle nostre bambine?

domenica 6 giugno 2010

La vendetta di una geisha

Ieri L’Uomo Altrove è rientrato a casa tutto sorridente abbracciando teneramente il suo ultimo giocattolino: una tv al plasma. Tu naturalmente non eri stata minimamente avvisata dell’intenzione di comprarne una. Del resto, la tecnica ormai è nota: ha annunciato l’acquisto a Piccola Despota e poi ti ha guardato con l’occhio furbo di chi gioca sporco. Ora, per capire a fondo la situazione è il caso di precisare un paio di cosette. La televisione per te è un complemento d’arredo. Non la vedi praticamente mai, eccezion fatta per i cartoni che da quattro anni a questa parte Piccola Despota ti costringe a guardare. Ma se una tv in salotto al giorno d’oggi non si nega a nessuno, per quella in camera da letto, magari se ne potrebbe discutere. E invece niente. Da quando avete iniziato la vostra convivenza, su questo Uomo Altrove è stato categorico: “io senza tv non mi addormento… per cui… ”. A quel punto avresti potuto fargli notare che tu, invece, per dormire eri solita immergerti nel buio e nel silenzio più totale e che la presenza di una televisione nella camera da letto nega evidentemente entrambe le componenti. Ma erano i primi mesi di convivenza, tu eri giovane e ingenua e il tuo istinto di geisha ti ha frenato. “È soltanto una televisione”, hai pensato… “che sarà mai!!”. Certo non avresti mai immaginato che, a distanza di anni, voltandoti nel letto a notte fonda avresti sentito un oggetto conficcarsi nella schiena: un telecomando. Toh, eccone un altro (altra grande invenzione sky!!) e aprendo gli occhi ti saresti trovata di fronte al poco edificante spettacolo dell’Uomo Altrove praticamente svenuto sul letto con la tv accesa sul canale sportivo. Ecco cosa succede con una televisione in camera da letto. Negli anni successivi a nulla sono valse le tue richieste, preghiere, minacce. La tv è rimasta al suo posto. Fino a ieri quando, non pago, Uomo Altrove ha deciso di rilanciare alla grande e frullare alla velocità della luce il vecchio televisore per sostituirlo con il suo nuovo mega tv al plasma, fissato bellamente sulla parete. Lo hai sentito armeggiare per tutto il giorno con il trapano, finché non ti sei sentita chiamare. La voce gli tremava per l’emozione. Sei entrata in camera e te lo sei trovato sdraiato sul letto, mani dietro la testa: “è meglio del cinema!” ha esclamato tutto soddisfatto. Per un momento sei stata indecisa sulla reazione da assumere: prendere un oggetto contundente e scagliarlo sul televisore nuovo, afferrare un cuscino e soffocare tuo marito, oppure, più semplicemente, regalargli un sorriso di circostanza e tramare in segreto una lenta e perfidissima vendetta? Il tuo istinto non violento e riflessivo ti ha spinto a prediligere l’ultima opzione… E Uomo Altrove non immagina neanche lontanamente cosa è capace di fare una docilissima geisha quando decide di vendicarsi…

martedì 25 maggio 2010

Tutti in sella!

Uomo Altrove: allora, amore di papà, c’è una grande sorpresa!!
Piccola Despota: cosa? Cosa? Cosa?
Uomo Altrove: devi indovinare!
Piccola Despota: mi ha comprato un regalo? Una Winx?
Uomo Altrove: acqua, acqua..
Piccola Despota: allora un gattino, un cagnolino… no, ci sono!!! Un altro fratellino!!
Mom: ma allora? Stiamo dando i numeri? Adesso cos’è sta sorpresa?
Uomo Altrove: Papo si è comprato la moto!!
Piccola Despota: WOW!!!Ci posso fare un giro? Dai dai dai!!! Andiamo veloce? Adesso adesso adesso!!!

Non lo conoscessi, ma lo conosci, il tuo Uomo Altrove. Quando deve annunciarti qualche novità, ma non si sente propriamente sicuro della tua reazione, fa sempre così, la butta lì davanti alla Despotina, così tu, di fronte all’entusiasmo spropositato dei suoi occhi stupefatti, non puoi far altro che acconsentire, di qualunque cosa si tratti. Ecco, questa è senza dubbio una di quelle occasioni. In questo momento, infatti, vorresti precisare una o due cosine, ma l’euforia di Piccola Despota non ti lascia spazio. Innanzitutto vorresti puntualizzare che si tratta soltanto di uno scooter e non di una moto vera e propria, e poi che no, non esiste che lei vada in moto, cioè in scooter, meno che mai che vada veloce.
Ecco, vorresti dirle tutte queste cose e molte altre ancora. Ma come puoi farlo? È tutta emozionata all’idea di salire su quella cosa a due ruote che per lei è meglio di un Harley Davidson. Non sta nella pelle alla sola idea di poter andare in moto con il suo Papo. È bellissima. E poi all’improvviso un flash. Ti rivedi bambina, sul vialetto di casa insieme a tuo fratello ad aspettare che tuo padre torni dal lavoro. Con la moto. E già, anche nella tua famiglia c’è stata la “fase moto” (forse che a quarant’anni gli uomini si illudono che bastino due ruote per tornare giovani? MAH!). Lo aspettavate lì ogni sera e litigavate su chi sarebbe salito per primo. Qualche volta si accodavano anche gli altri bambini del palazzo. Tutti in fila per fare un “giretto in moto”. Soltanto il giro del palazzo, ma era fantastico. Che emozione. C’era anche un po’ di fifa, ora che ci pensi, ma in fondo era bello anche per questo. Ti sentivi grande e importante su quelle due ruote. Ed era uno dei pochi momenti in cui eri sola con tuo padre. Qualcosa di assolutamente esclusivo. Come negarlo ora alla tua Despotina?

martedì 18 maggio 2010

Un ultimo saluto

Si è spento oggi Edoardo Sanguineti, uno dei tuoi poeti preferiti. Qualche anno fa hai addirittura “rischiato” di intervistarlo. Hai trascorso notti insonni girandoti nel letto e rimuginando su cosa avresti mai potuto chiedergli. Ti sei emozionata alla sola idea che quel sogno potesse realizzarsi. Alla fine l’intervista non si fece più, ma fu bello anche soltanto immaginare di poterlo incontrare. Sai che rischi di apparire anacronistica, ma quando oggi hai ricevuto la notizia, hai provato un dispiacere profondo. Difficile spiegarlo a parole. Sarà che quando ci si emoziona tanto nel leggere dei versi, si finisce, forse scioccamente, per sentire quel poeta come una persona cara, un amico, uno di famiglia, che ha condiviso con te momenti importanti. E con Sanguineti ti sei emozionata molto. Le sue parole ti hanno scosso, stupito, talvolta scioccato. E, ogni volta, ti hanno regalato un palpito, un fremito diverso. Tale è il potere della poesia quando è davvero grande. Tutte queste parole, te ne rendi conto, sono davvero piccolissime, e probabilmente inutili. Preferisci lasciare spazio ai suoi versi. Hai scelto, con grande difficoltà, questa poesia. È per voi. Assaporatela.


da che cosa (mi chiedo) mi cerco, che mi scappo, così scappando, galoppando, sempre?
da me, lo so: (dal mio essere morto): (un molle morto): (scappo da una mia mala morte):
(che non è mica che mi insegue, poi): (e che non è che mi sta già alle spalle, adesso,
probabilmente, nemmeno):
                                        scappo dalla mia vita: (da te, cioè, che sei tu la mia vita):
(se tutto questo ha così poco senso, che farci allora?): scappo in me, scappo in te:
nel mondo tuo, nel mio: (io che ho pensato, persino, una volta, che, dalla vita, ho avuto
tutto, avendo avuto te):
                                       quando si arriva, c’è un grido: si dice tana: (è la fine, sul serio):*


*Edoardo Sanguineti, Cose, Tullio Pironti Editore.

sabato 8 maggio 2010

Cara Ministra... a Lei un assaggio di "normalità"

Ti eri ripromessa di non parlare di politica su questo blog. Perché ti conosci, e sai che ti surriscaldi facilmente quando si tratta l’argomento. Ma è più forte di te, stavolta proprio non ce la fai a mandare giù questo rospo. Impossibile farlo. Sei troppo indignata, offesa, e terribilmente arrabbiata, per non dire ciò che pensi. Perché una giovane donna, neo-mamma, ai vertici del Governo, qualche giorno fa ha rilasciato un’intervista che ha dell’incredibile. Si tratta, manco a dirlo, della nostra cara Ministra Gelmini che, dalle pagine del Corriere della Sera, ha beatamente “detto la sua” su temi giusto un tantinello spinosi, quali il lavoro e la maternità. Ora, a chi non avesse già letto quell’articolo, verrebbe da chiedersi: cosa avrà detto mai la nostra Ministra? Forse che la maternità in Italia non è ancora abbastanza tutelata? O piuttosto che le mamme di oggi sono costrette a fare i salti mortali per tornare a lavorare dopo tre mesi (quando verosimilmente ancora si allatta il proprio cucciolo, e non ci si è ancora riprese dalle varie crisi post-partum)? O avrà forse posto l’accento sulla mancanza di strutture adeguate a sostegno di queste mamme che, nella maggior parte dei casi, non possono neanche permettersi di pagare la retta di un asilo privato? Insomma, in quale modo, verrebbe da chiedersi, da donna, mamma e rappresentante del Governo, l’esimia Ministra ha dimostrato la sua solidarietà alle altre donne? È presto detto. Semplicemente non l’ha fatto. Piuttosto, ha preferito affermare: «anch’io, come la D’Amico, ho più facilità di altre donne a tornare subito a lavorare senza trascurare mia figlia. Ma non vuol dire non essere una buona mamma, dovrebbero farlo tutte». Avete letto bene. Il virgolettato parla chiaro. Dovremmo farlo tutte, care mamme. Perché non tornare a lavorare dopo dieci giorni come la stakanovista Ministra? Forse perché, OPS! a noi non allestiscono una nursery privata in ufficio, ed è già tanto se non ci sfilano la sedia da sotto il sedere al primo mese di gravidanza? O piuttosto perché non possiamo permetterci tate, bambinaie e colf varie, e dobbiamo ritenerci già fortunate se riusciamo a reclutare qualche santo nonno che ci aiuti a non impazzire totalmente? O, più semplicemente, sarà perché la legge non ce lo permette? Non aveva considerato questo piccolo particolare l’esimia Ministra? Ma che svista grossolana! Possibile che la Gelmini non ricordi come si esprime la legge italiana in proposito? Sembra che neanche la giornalista che la sta intervistando riesca a crederci:
«Però le donne normali che lavorano dopo il parto sono costrette a stare a casa.
Lo giudico un privilegio.
Un privilegio? Non è un diritto?
Una donna normale deve certo dotarsi di una buona dose di ottimismo, per lei è più difficile, lo so; so che è complicato conciliare il lavoro con la maternità, ma penso che siano poche quelle che possono davvero permettersi di stare a casa per mesi. Bisogna accettare di fare sacrifici».
Ecco qua la ricetta! Un po’ di sano ottimismo e tutto va a posto, care mamme! Come abbiamo fatto a non pensarci? È così semplice!
C’è poco da ironizzare stavolta. Le parole della Gelmini sono serissime. Purtroppo. E questo stralcio di intervista è assai eloquente. Non ci sarebbe davvero bisogno di aggiungere altro. A te sono bastate poche parole per sentirti davvero profondamente indignata. Possibile che nel 2010 si debba ancora sentir parlare di maternità in questi termini? “Sacrifici”? “Privilegio”? Per non parlare della definizione di “donna normale”. Quale sarebbe, di grazia, questa donna che lei cita, cara Ministra? Ha idea di quale sia la normalità per le mamme lavoratrici in Italia? Da ciò che afferma, si direbbe di no. Perché sa qual è il vero privilegio in questo Paese per noi mamme? Quello di poter fare una scelta che non sia obbligata. Perché ogni mamma dovrebbe poter essere libera di scegliere cosa è meglio per lei e per i propri figli. E decidere se, quando e come tornare al lavoro. Senza dover subire pressioni di alcun genere e senza dover inesorabilmente essere risucchiata dai sensi di colpa. Allora sì che la maternità sarebbe, come lei dichiara, uno «stato di beatitudine».

giovedì 6 maggio 2010

Brodo primordiale

Nella mommy’s house è iniziata una nuova era. L’era del brodo vegetale. Ebbene sì, dopo sei mesi da idrovoro, il Cucciolo ha inaugurato la sua laison con le PAPPE. O meglio, con LA pappa. Per il momento, naturalmente, è una sola, anche se bella tosta. Che poi, diciamolo, sebbene tu sia ormai alla tua seconda esperienza col brodo vegetale, anche stavolta ti sei dimostrata quantomeno ingenua ed hai aspettato con trepidazione il fatidico arrivo della prima pappa. Non vedevi l’ora, contavi i giorni, e come una pivellina continuavi a fantasticare su quanto sarebbe stato divertente vederlo impiastricciarsi con il cucchiaino, imboccarlo amabilmente e preparargli con le tue sante manine ogni sorta di omogeneizzato… e già, nella mommy’s house solo cose fatte in casa, anche perché SuperNonna non potrebbe mai perdonarti l’acquisto di un omogeneizzato, la prenderebbe sul personale: “non comprerai mica quei vasetti, lì? Che ci vuole a frullare un po’ di carne?”. E infatti, come al solito per SuperNonna è tutto straordinariamente facile e tu non reggi mai il confronto, perché, devi ammetterlo, non ricordavi che il brodo vegetale fosse una tale rottura di balle. Il primo giorno, è vero, è stato addirittura emozionante preparagli quel brodino. Hai cercato per giorni e giorni La Zucchina più bella che ci fosse in circolazione – sbagliando, anche lì, le basi: “mica la cercherai al supermercato!!!devi andare al mercato dal “contadino”!!!... (che poi sarà davvero un contadino, quello lì? BAH!!) – poi una carotina, una patata e via, hai osservato orgogliosa il tuo brodo bollire, poi hai passato, frullato (cercando di sovrastare con il minipimer le urla del Cucciolo affamato che reclamava il suo pasto), mescolato, e voilà… la pappa è pronta! Che soddisfazione dare al tuo Cucciolo una pappa preparata in casa! E così il secondo, e il terzo giorno, la prima settimana… finché non ti sei accorta che stare lì, ogni mattina, a pulire verdurine e preparare il brodo mentre stai ancora sorseggiando il caffè, con due fessure al posto degli occhi e la Despota che tira i cerali per tutta la cucina, ecco, non è che sia proprio così fantastico. Bene, l’hai detto. Ti sei tolta questo peso. Ora, naturalmente, da brava mamma premurosa, continuerai a frullare e mescolare con le tue manine ogni sorta di ingrediente fresco e genuino per il tuo Cucciolo (… e magari qualche volta comprerai qualche omogeneizzato di contrabbando, tacendo il tutto a SuperNonna), però, forse, non lo farai proprio sorridendo e trepidando d’emozione. Ma questo, non lo dite a nessuno…

domenica 2 maggio 2010

Schegge di primo maggio

L’eccitazione nello scoprire il sole, la mattina, fuori dalle tapparelle
La strana emozione nell’indossare la prima manica corta della stagione
La sacca enorme colma di giochi (pallone, racchettoni, bolle di sapone…)
La caccia al posto migliore del prato
Il plaid scozzese sdraiato per terra
Il tumulto di urla, risate, corse…
I capelli appiccicati di sudore sulla fronte
L’odore di bruschetta e carne alla brace
Le taniche d’acqua, che tanto non bastava mai
Le parolacce “proibite” dei grandi mentre parlano di politica
Il caldo, i gavettoni, voi bambini a fine giornata tutti in mutande e canottiera
Quella sensazione meravigliosa cui non sapevi dare un nome (ora lo sai, libertà…)
E l’ostinata certezza che quei giorni sarebbero durati per sempre…

lunedì 26 aprile 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Un’ “ordinaria” mattina di shopping con SuperNonna:
Mom: ho un assoluto bisogno di un paio di jeans nuovi… guarda che carini questi!
SuperNonna: sì, sì, carini. Prendine un po’ e inizia a misurare, non perdiamo tempo…
Mom: ok, ok….comunque lo shopping dovrebbe essere anche una cosa divertente, volendo…
SuperNonna: come?
Mom: niente, lascia stare… ecco, che ne dici di questi?
SuperNonna: mah, niente di che… non sono brutti ma neanche belli.
Mom: capito. Cambio modello. Questi come mi stanno?
SuperNonna: beh, questi non ti stanno TANTO male, certo un po’ attillati…
Mom: ok. Questi però mi sembrano carini, guarda le taschine ricamate!
SuperNonna: sì le tasche sono carine, anche se, qui sui fianchi…
Mom: e lo so, lì sui fianchi… Ok, misuro l’ultimo paio… Che ne dici?
SuperNonna: vabbè dai, questi potrebbero pure andare. Se li riprendi un po’ un vita, un pezzetto di tacco, magari ti dai una truccata…
Mom: una liposuzione e sono perfetti, giusto?
SuperNonna: ma che dici?
Mom: senti, lasciamo stare, non li prendo i jeans, mi è passata la voglia.
SuperNonna: e perché?

martedì 20 aprile 2010

E anche questo derby è passato…

Sei sopravvissuta a un altro derby. Non sai come, ma ce l’hai fatta. Innanzitutto bisogna puntualizzare una cosa: tu e il calcio non andate molto d’accordo. Non solo non sei tifosa, ma quando vedi il campo verde con quegli omini in pantaloncini corti, ti viene un certo prurito. Sei allergica, ecco. Non lo sopporti. Lo odi. Nonostante questo, per la grande considerazione di cui godi nella tua casa, nel week end la tua tv si trasforma in un enorme campo verde, e tu sei costretta a subirti una no-stop di partite, commenti, tette della D’Amico (almeno quelle, per un po’, sono andate in vacanza!!!), moviole, e chi più ne ha più ne metta… il tutto condito da “folkloristici” commenti dell’Uomo Altrove che interagisce con la televisione con un’enfasi e una loquacità mai dimostrata nei tuoi confronti. Ora, questa la situazione di un normalissimo week-end di campionato. Per il derby, come molti di voi sapranno, le chiacchiere stanno proprio a zero. Moltiplicate il tutto per mille, centomila, duecentomilamiliardi. Anzi, non cercate neanche di immaginare come diventi quel giorno la mia casa, il mio salotto e, naturalmente, l’Uomo Altrove. Non più “altrove”, ma presentissimo a se stesso, si prepara dal giorno prima (in questo caso il sabato), con una giornata di silenzio e raccoglimento. Al momento della partita poi, con i nervi tesi e l’ugola allenatissima si “appoggia” (rigorosamente “in pizzo” pronto a saltare, inveire, avvicinarsi alla tv per indicare eventuali falli, fuori gioco, ecc…) sul divano e via… fischio d’inizio. Che i novanta minuti di pura follia comincino. Ma la cosa veramente folle, in tutto questo, è che mentre l’Uomo Altrove sta lì ritto con i nervi tesi e gli occhi fuori dalle orbite, tu – che ormai di derby te ne sei subìta pure parecchi – ancora insisti nel tuo atteggiamento “normale” e incappi in errori madornali, contravvenendo ad alcune delle regole base del “galateo da derby”. Per esempio, ti avvicini tutta sorridente e cominci ad offrire all’Uomo Altrove e ai suoi amici birra, patatine e stuzzichini vari (neanche fossero ad un cocktail party!), passando ripetute volte davanti al teleschermo (sic!!). E poi, lo sbaglio più grande: ironizzi. Lo so, non si fa. Col calcio non si scherza. Meno che mai con il derby. Ma è più forte di te. È la tua propensione innata. Se qualcuno sbaglia, se senti un commento colorito dell’Uomo Altrove, tu ci ridi sopra, gli fai una battuta, ridacchi. E allora arriva lui. Lo sguardo della morte. Tuo marito ti rivolge un'occhiata fugacissima (non può abbandonare lo schermo per più di un nano-secondo) che basta però a incenerirti. Della serie: "se ci tieni alla tua vita, sparisci”. Così, anche stavolta, dopo esserti esibita in “tutto ciò che bisogna rigorosamente evitare durante un derby”, ti prendi i tuoi piccoletti e, con la coda tra le gambe, esci a farti una passeggiata, aspettando che si concludano i fatali 90 minuti. E sperando vivamente che tutto finisca per il meglio, e che tu possa tornare a casa sana e salva. Questa volta ti è andata bene. L’Uomo Altrove si è dimostrato soddisfatto del risultato e tu hai potuto varcare la porta di casa senza timore alcuno per la tua vita.
Tutto è bene quel che finisce bene. Nel frattempo hai un altro anno per allenarti ad affrontare un nuovo derby.

giovedì 15 aprile 2010

Miraggi

"Non è bene essere tanto amati, così giovani, così presto. Ci vengono delle cattive abitudini. Si crede che ci sia dovuto. Si crede che un amore simile esista anche altrove e si possa ritrovare. Ci si fa affidamento. Si guarda, si spera, si aspetta. Con l’amore materno la vita ci fa all’alba una promessa che non manterrà mai. In seguito si è costretti a mangiare gli avanzi, fino alla fine. […] Braccia adorabili si chiudono intorno al nostro collo e labbra dolcissime ci parlano d’amore, ma noi sappiamo già tutto. Noi siamo stati alla sorgente troppo presto e abbiamo bevuto tutto. Quando ci riprende la sete, si ha un bel cercare da ogni parte: non ci sono più pozzi, soltanto miraggi".
(Romain Gary, La promessa dell’alba)

Qualche giorno fa, in modo piuttosto casuale, ti sei imbattuta in questo brano. Da allora, continua a ronzarti in testa. Sotto la doccia, mentre passeggi col Cucciolo, appena hai un momento libero il tuo pensiero corre a quelle poche righe. Senti la forza e la verità di quelle parole premerti nello stomaco. Del resto, come negarlo? Nessun sentimento è paragonabile all’amore di una madre verso il proprio figlio. Eppure, come è difficile accettare che un amore così sia unico e irripetibile.
Non ci si rassegna all’idea di non trovare più braccia tanto accoglienti e rassicuranti. E, da sognatori, si continua avidamente a cercare. Perché una volta conosciuto Quell’Amore, non ci si accontenta. Non si può. Così come, una volta diventate madri, non si ama mai più allo stesso modo. Perché ci si scopre capaci di amare in modo profondo, incondizionato, assoluto. E questo ci rende forti, in grado di affrontare qualsiasi ostacolo. Eppure, paradossalmente, è proprio quella forza, a renderci irrimediabilmente vulnerabili.

lunedì 12 aprile 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Amica: domani sono 15 anni che sto con mio marito…
Mom: cavoli!!
Amica: se penso a come ci siamo conosciuti… ero una ragazzina, la domenica andavamo al mare con l’autobus!
Mom: c’è un autobus che va al mare?
Amica: sì, qualcosa di simile, almeno c’era. Insomma, un giorno dico alla mia amica: ma non conosci qualcuno con la macchina così la finiamo con questo strazio dell’autobus? La domenica successiva viene con questo ragazzo… il mio futuro marito!
Mom: e non era meglio farsela a piedi?

venerdì 9 aprile 2010

UOMINI VS DONNE

Uomini e donne sono diversi, si sa. Diversi in tutto. Nel modo di pensare/agire/amare/non amare… e in un’infinità di altre cose. Due universi distanti anni luce. Del resto, non c’è da stupirsi. Si tratta di differenze congenite, alle quali è praticamente impossibile sottrarsi. Quindi, qualsiasi donna abbia mai pensato di poter DAVVERO cambiare un uomo, la smetta di illudersi. Non perda tempo. E investa piuttosto tutto quel tempo e quelle energie (QUANTE, QUANTE!!!) in attività più redditizie/piacevoli/appaganti (tipo: cercare un paio di scarpe da abbinare a quel tubino che avete nel’armadio; sistemare il terrazzo in vista della bella stagione; cercare di evangelizzare il diavolo in persona… avrete di sicuro più possibilità di successo!!). Del resto, le prove di questa diversità le troviamo tutti giorni sotto ai nostri occhi. Ci sbattiamo il muso tutti i santi minuti e nonostante questo, talvolta ancora ci culliamo nella fantastica utopia di “poter cambiare le cose”. Il fatto è che, come sempre, sei bravissima nella teoria, molto meno nella pratica. Così, se ormai hai smesso anche soltanto di sognare di poter cambiare il tuo uomo, ancora non puoi fare a meno di stupirti nel constatare quante e quali siano le fatidiche “differenze” tra di voi. Proprio ieri, mentre come al solito ti intrippavi in una sequela infinita di pensieri/dubbi/elucubrazioni, ti sei fermata un attimo e ti sei detta: siamo alla radice del problema. A quante cose pensiamo, ogni giorno, noi donne? Quante domande ci poniamo quotidianamente? Buttiamo giù, alla rinfusa, un elenchino sintetico degli interrogativi che ti attanagliano nell’arco di una giornata media, senza particolari vette di ottimismo né di sconforto:


• Cosa cucino per cena?
• Quante gocce di vitamine devo dare al Cucciolo?
• Riuscirò a finire di leggere l’articolo iniziato ieri?
• Posso infilare in lavatrice la maglietta blu insieme alle calze viola?
• Cosa metto alla Despotina sopra alla gonna verde?
• Da quanti giorni non scrivo?
• Cosa regalo all’amichetta della Despotina per la festicciola di domani?
• Riuscirò mai a trovare un minuto per chiamare la mia amica?
• È arrivato il momento di cercare una tata?
• È arrivato il momento di entrare in analisi?
• Sarò una buona mamma?
• Sarò una buona moglie?
• Sarò una buona a nulla?

Questo, vi assicuro, è un elenco estremamente sintetico, un piccolo assaggio di ciò che frulla nella tua testa (e verosimilmente in quella di tante donne/mamme come te) in una sola giornata.
E gli uomini? A cosa pensano gli uomini? Quali domande si pongono? E quante?
Anche in questo caso, butti giù un elenchino approssimativo ma assolutamente realistico:

• La Roma vincerà lo scudetto?

La suddetta lista tiene conto del fatto che i nostri poveri uomini sono stati depauperati, da qualche mese a questa parte, di uno dei loro più profondi interrogativi, ovvero: quale vestito indosserà domenica la D’Amico?

lunedì 5 aprile 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Amica: ciao, senti mi avanza un po’ di latte in polvere, per caso ti serve?
Mom: come ti avanza? Non lo prende più la piccola?
Amica: sì sì, però tra pochi giorni scade e io non lo consumo tutto…
Mom: scade, dici?
Amica: certo, dopo un mese dall’apertura scade, perché non lo sapevi?
Mom: ma sì certo, come no… ehmm, scusami ho poco campo… il piccolo piange… devo lasciarti.
In due secondi, con lo sguardo alla Shining, apri la credenza e afferri il barattolo del latte in polvere. La dicitura in basso parla chiaro: “da consumarsi dopo un mese dall’apertura”. OMMIODDIO!!! Un attimo dopo sei di nuovo con il cellulare in mano:
Mom: ma tu lo sapevi che il latte in polvere scade?
Uomo Altrove: Comunque ciao…
Mom: sì ciao, lo sapevi o no?
Uomo Altrove: non mi sembra, non ricordo…
Mom: sì o no?
Uomo Altrove: no, non lo sapevo.
Mom: ecco vedi? Devo pensare sempre a tutto io… Come abbiamo fatto a non ricordarcene? Eppure anche Piccola Despota ha preso il latte in polvere… è vero che sono passati quattro anni, ma io leggo sempre le etichette, sempre… Vedi? Questa è la mancanza di sonno. Non si può dormire tre ore per notte. Non è umano. Ecco poi cosa succede. Non è possibile. Sono così precisa su queste cose. Ma come, come è potuto succedere?
Uomo Altrove: ti vuoi calmare? Cos’è successo?
Mom: io non lo sapevo, sì insomma, non ricordavo che il latte in polvere avesse una scadenza…
Uomo Altrove: ma insomma cosa è successo?
Mom: cosa è successo… cosa è successo…
Uomo Altrove: abbiamo dato al Cucciolo il latte scaduto?
Mom: NON DIRE QUELLA PAROLA ORRIBILE!
Uomo Altrove: ho capito, ma se è scaduto, è scaduto. Come dovrei dire?
Mom: mmm… invecchiato?

mercoledì 31 marzo 2010

Di nuovo lei...

Da quattro anni, ovvero da quando è nata la vostra Piccola Despota, ogni inverno, puntualissima come una bolletta, arriva lei, La Tosse. Spesso si affaccia già con le prime brezze autunnali e quando siete proprio fortunati via accompagna fedele fino a primavera inoltrata. Ormai ci hai fatto il callo, per quanto ci si possa abituare a sentire la propria piccolina tossire in continuazione per mesi e mesi. Ricordi ancora le prime volte che, ignara, hai telefonato al pediatra e candidamente gli hai detto: “la mia bambina ha la tosse”. E lui: “che tipo di tosse?”. E tu: “la tosse. Quanti tipi ce ne saranno mai??”. Eri veramente una pivella. Ora lo sai. Hai quattro anni di esperienza alle spalle. Notti trascorse con l’orecchio teso ad ascoltare ogni singolo colpo di tosse, a cercare di capire, decifrare. E in queste notti, e mesi, e anni, hai appreso, per esempio, che ne esistono infiniti tipi, per ognuno dei quali è bene mettere in atto la terapia d’attacco più opportuna. Aerosol, lavaggi nasali, suppostine, sciroppi. Li conosci tutti. E spesso ti domandi perché mai non hai intrapreso la carriera di infermiera, già che c’eri. Insomma, come avrete capito, Piccola Despota ha di nuovo la tosse. Una tosse orribile da novantenne fumatore, e tu non ci riesci proprio a sentire il tuo angioletto biondo che tossisce come un camionista. Senza contare che è arrivata la primavera, le giornate si sono allungate e tu avevi già fatto mille progetti fra gelati, amici e parco giochi. Del resto questa è una delle prime regole che è bene imparare quando si diventa mamme: MAI FARE PROGETTI CON I BAMBINI. Si rischia di andare incontro a cocenti delusioni. Così, hai messo momentaneamente da parte tutti i tuoi “programmi di inizio primavera” e ti sei dedicata alla tosse della piccolina, cercando di mettercela proprio tutta per farla passare il più in fretta possibile. Intanto, giusto ieri, mentre mischiavi con sapienza da alchimista i medicinali nell’ampollina dell’aerosol, ti ha sfiorato uno dei tuo tanti pensieri bizzarri. Così, in questi giorni post-elettorali, nei quali se ne sono sentite un po’ di tutti i colori, ti è venuto in mente uno slogan davvero niente male. Leggermente meno presuntuoso dei molti che sei stata costretta ad ascoltare fino a poco fa, ma di sicuro effetto. La tua proposta è: “sconfiggere la tosse in tre mesi”. Con questo avresti vinto le elezioni. Ne sei sicura. Voi che ne dite?

mercoledì 24 marzo 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Uomo Altrove: Amoreee! Sono tornato, dove sei?
Mom: in cucinaaaa…
Uomo Altrove: cosa prepari di buono?
Mom: un esperimento… senti, però dobbiamo comprare un apriscatole nuovo. Questo è proprio scomodo.
Uomo Altrove: hai aperto il barattolo con quello?
Mom: sì, perché?
Uomo Altrove: è un pelapatate.
Mom: lo dicevo che era scomodo!

domenica 21 marzo 2010

Sorprese in ascensore

Talvolta, in un giorno come tanti, succedono cose che ti obbligano a una riflessione. Piccoli avvenimenti apparentemente senza nessuna importanza che però vanno a toccare qualcosa, smuovono mondi sommersi e ti spingono a fermarti un istante e a porti delle domande. È successo oggi. Una domenica come tante. Ti cimenti in una nuova ricetta e a pranzo stappi una bottiglia di vino. Vedi un film che ti riporta all’infanzia insieme a Piccola Despota. Poi vieni assorbita, come sempre, dal vortice delle “cose da fare”. Sistemi la casa, combatti con la lavatrice, allatti il cucciolo, ecc ecc… all’improvviso, ti ricordi di dover salire dalla vicina, prendi la porta ed esci. Il tempo di farla sbattere e ti rendi conto. Sei uscita così, senza pensarci. È vero, devi fare solo pochi piani in ascensore, ma… insomma: hai addosso un paio di fuseaux e un felpone di Uomo Altrove che copre ogni traccia di femminilità, i capelli fermati con una mollettina di Hello Kitty della despotina. “Oh mio Dio!” – pensi – speriamo di non incontrare nessuno. Non fai in tempo a terminare il pensiero che senti dei passi… “NO!!”… si avvicinano. Sono dei tacchi. “NO NO NO!”. Sai già che è la fine. Sei pronta alla sconfitta. E infatti. Arriva una ragazza tutta sorridente. È accuratamente vestita, truccata, pettinata. Ha un bel cappotto nero e dei bellissimi orecchini. Abita “ai piani alti”, così sei costretta ad aspettare con lei che arrivi l’ascensore e dividere “il tragitto”. Trascorri quei pochi minuti a testa bassa. Vorresti sparire. E pensi che ad armi pari le daresti una pista a quella lì. E invece ora sembri la sua donna delle pulizie. Alla fine vi scambiate poche parole, lei ti fa gli auguri per il nuovo arrivo (chissà perché ti suona come una presa in giro), poi finalmente scende. Fine dell’agonia. Ritornando a casa, in ascensore, ti dai un’occhiata veloce allo specchio (ma perché gli ascensori hanno tutti lo specchio?) e ti logora la rabbia. Non ce l’hai con lei. Ce l’hai con te stessa. Vorresti schiaffeggiarti, prenderti a parolacce. Quando arrivi a casa ti precipiti dal Cucciolo, lo allatti e lo fai addormentare, poi metti un bel cartone a Piccola Despota e ti chiudi in bagno. Ti fai la doccia, depili ogni zona depilabile del tuo corpo, passi la piastra sui capelli e ti metti addirittura uno smalto irresistibile ai piedi (quello bordeaux, il tuo preferito), poi ti guardi allo specchio e accenni un sorriso. Bene. Ora sei pronta per passare l’aspirapolvere.

venerdì 19 marzo 2010

Eccoti!

Chiedi scusa per il prolungato silenzio... Il pc ti ha abbandonato, hai tentato in tutti i modi di rianimarlo e forse, finalmente, ci sei riuscita. Certo, è stata dura: dieci giorni senza web! Vabbè, diciamo che è stata una cura disintossicante!!! Ma ora sei pronta per ritornare alla tua amata dipendenza...

lunedì 8 marzo 2010

Il tuo post di oggi è dedicato agli uomini. Sono sicuramente pochissimi quelli che seguono questo blog, ma vuoi cullarti nell’illusione che non sia così. Perché nel tuo mondo ideale in cui spesso ti rifugi, gli uomini, (quelli “ideali”) non disdegnano di affacciarsi a dare un’occhiata a un blog apparentemente dedicato soltanto alle donne.
Ecco, oggi le tue parole sono per loro.
Per tutti gli uomini che conosci, per quelli che credi di conoscere, e per quelli che non conosci affatto, ma di cui intuisci la natura.. e naturalmente anche per tutti gli altri.
Ti piacerebbe che ogni uomo, oggi, invece di tornare a casa con un qualunque mazzo di fiori o un semplice rametto di mimosa, facesse qualcosa di diverso.
Sarebbe bello se oggi ogni uomo si fermasse per un attimo a riflettere sulle donne che hanno attraversato la sua vita, o più semplicemente, sulla donna che gli cammina accanto in questo momento. Sarebbe un bel modo di “festeggiare”. Perché sono convinta che se gli uomini spendessero, di tanto in tanto, qualche minuto ad osservare davvero le loro compagne, potrebbero fare scoperte inattese.
Forse riuscirebbero a “squarciare il velo”, e a capire cosa c’è dietro ai loro sguardi, dietro alle loro debolezze, ai momenti di improvvisa isteria e di inaspettata allegria.
Forse riuscirebbero a comprendere quanta forza sia necessaria, oggi, per essere Donna. E ancor più per essere Mamma.
Quanta forza. E tenacia. E generosità. E infinito amore.
E allora, forse, si sorprenderebbero ad amarle un po’ di più…

giovedì 4 marzo 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Mom: Amore, gliela racconti tu la favola alla Piccola stasera? Così io finisco qui in cucina...
Uomo Altrove: ... e no dai, io gliel’ho raccontata ieri…
Mom: ok… Allora questa notte lo allatti tu il Cucciolo… io l’ho allattato la notte scorsa…

domenica 28 febbraio 2010

Il mattino ha l'oro in bocca!

Domenica mattina. Fuori il cielo è grigio. Ti stai godendo il caldo abbraccio del tuo fantastico piumino, senti ogni singola piuma d’oca accarezzarti il corpo. Sono queste le ore di sonno che più ami: quando il giorno si è da poco affacciato alla finestra e ti attardi sotto le lenzuola, fra tepore e torpore. Piccoli doni di un giorno di festa che ti conciliano con il mondo… D’un tratto, ti sembra di udire una voce in lontananza… sarà l’eco di qualche sogno rimasto intrappolato fra i tuoi pensieri… allunghi le coperte sulle orecchie e ti giri dall’altra parte… ma quella voce sembra continuare. Non ci fai caso, ti abbandoni di nuovo al sonno… finché non senti il tocco di una manina gelida sfiorarti la guancia. Apri a stento gli occhi:

– MAMMA! – ma perché i bambini non sanno parlare a bassa voce?
– Che c’è? – provi a rispondere.
– Facciamo colazione? – ti giri, un occhio veloce alla sveglia. Le 7.15. Hai finito con l’ultima poppata del Cucciolo alle 5. Ma perché proprio a te? Ti è toccata in sorte la bambina bionica. Sette ore di sonno e via… si ricarica ed è come nuova. Ma come fa? Provi a guadagnare tempo:
– Amore ma è ancora notte! Dormiamo un altro po’.
– No no guarda fuori. È giorno! Facciamo colazione?
– Vuoi venire nel lettone con mamma e papo? – questa sì che è fina strategia…
– No voglio giocare. Andiamo a fare colazione?
Ora la tentazione è fortissima… per un attimo pensi: ora le spiego come si accendono i fornelli, le dico di scaldarsi il latte, un cucchiaino di cioccolata, due biscotti, e che ci vorrà mai? I quattro anni non sono forse l’età della scoperta e dell’indipendenza?
Ti riprendi subito dai cattivi pensieri e la trascini con te sul lettone. Lei prima oppone resistenza, poi non sa resistere al calore del tuo piumino incantato. Ma il tepore non frena l’adrenalina di Piccola Despota. Anche sotto le lenzuola inizia a saltellare, cantare, giocare. Continui a chiederti come possa un piccolo essere umano di 16 chili avere in sé tutta quell’energia alle 7 di mattina. Poi capisci che non c’è nulla da fare, e mentre l’Uomo Altrove si trova, come al solito, “altrove”, nel magico regno di Morfeo e sembra non accorgersi di una sospettosa presenza saltellante sul suo letto, ti rassegni e inizi a giocare insieme a lei: coccole, solletico, la tempesta di lenzuola… L’Uomo Altrove continua a dormire. A questo punto è venuta fame anche a te e dopo mezz’ora di giochi e di risate alla fine getti le armi e concedi alla Despotina di alzarsi per la colazione.
Sono appena le otto di domenica mattina e tu sei già in piedi. Qualche anno fa avresti riso in faccia a chi ti avesse prospettato uno scenario del genere! Ma tutto sommato, essere svegliate da una manina che ti accarezza il viso, seppur gelida, seppure alle 7 di una grigia domenica mattina, resta comunque un piccolo, preziosissimo dono…

mercoledì 24 febbraio 2010

Professione mucca!

L’allattamento al seno è importante. Fondamentale. Vitale. Imprescindibile. Quale madre non lo sa? Nell’attimo in cui sei rimasta incinta e per tutta la tua carriera di mamma non hanno fatto altro che dirtelo a più voci, in tutti i modi, da tutte le parti. Libri, giornali, pediatri, ginecologi, nonne, zie, TUTTI. Quando hai partorito, il tuo ospedale era tra i più famosi per la promozione e il sostegno dell’allattamento al seno. “Che bello!” Hai pensato quando lo hai scoperto. Non sapevi che, nella pratica, questo significava un esercito di ostetriche e infermiere costantemente impegnate a controllare il tuo seno: venivano, palpavano, strizzavano e poi si appostavano lì, con sguardo indagatore e ti fissavano mentre attaccavi al seno il tuo pargoletto. Tu guardavi il tuo cucciolo, e con un linguaggio silenzioso e segreto che solo le mamme conoscono, gli dicevi con tutte le tue forze: “ti prego, attaccati, non farmi fare brutta figura…”. È così che hai iniziato ad allattare. E, a qualche mese dalla nascita del tuo SECONDO figlio, quegli occhi te li senti ancora addosso. Sono tutti concentrati sul tuo seno: se il bimbo non ha fame, se mangia male, se mangia poco, se mangia troppo, se mangia troppo frequentemente, se ha le coliche, se gli spuntano le bollicine, se ha la crosta lattea. È colpa tua. È il tuo latte. È lui l’artefice di tutti i beni e di tutti i mali. Dunque a te spetta un compito giusto un tantino oneroso: sei la prima responsabile della salute di tuo figlio. E della sua serenità. E della sua crescita “armoniosa”. E del suo benessere generale. Che sarà mai? Una cosa da niente. E poi si domandano perché le mamme sono ansiose e stressate. Vi rendete conto cosa significhi tutto questo? Quale carico di ansia comporti? Per non parlare della fatica fisica. Prima di avere figli ti avevano fatto credere che l’allattamento fosse un momento magico, ricco di gioia e serenità. I giornali ti propinavano queste foto di mamme tutte radiose e sorridenti (magrissime e senza un filo di stanchezza sul volto!!!???!!!) che abbracciano compiaciute il loro bambino tutto felice e sorridente. “Che cosa meravigliosa”, pensavi! Certo, l’allattamento dovrebbe essere proprio così: un momento unico, in cui mamma e bimbo si trovano in perfetta simbiosi e armonia. Un momento di pace, silenzio, intesa. Solo tu e lui, occhi negli occhi, per imparare a conoscervi. Questo era ciò che ti aspettavi. Questo ciò che hai cercato di perseguire con tutte le tue forze. Ma, come troppo spesso accade, la realtà è altra cosa dall’immaginazione. E la realtà è che un momento così unico e fantastico, per rimanere davvero tale, dovrebbe ripetersi una, massimo due volte al giorno. E invece, OPS! i neonati mangiano sette/otto volte in una giornata (ma i tuoi figli, per non farsi parlare dietro, hanno raggiunto anche vette di 12 poppate giornaliere). E non dimentichiamo tutta la ritualità post poppata: ruttino, cambio pannolino, tentativo di addormentamento… senza tralasciare che, dopo ogni poppata, sarebbe buona norma svuotare completamente il seno, avvalendosi di un tiralatte: un aggeggio infernale che ti fa sentire quanto mai vicina a un mucca (nel caso in cui questa sensazione non l’avessi già provata passando più della metà delle tue giornate con il seno al vento!!). Il risultato è che ogni neo-mamma che abbia deciso di allattare i propri figli al seno, si trova a fare i conti con ritmi serratissimi che non lasciano un attimo di respiro: difficile mantenere la serenità in condizioni come queste! Senza contare tutte le aggravanti: tipo una sorellina in preda ad attacchi di gelosia acuta che ogni volta che ti vede allattare decide che le scappa la pipì/pupù, o che ha fame, sete, mal di pancia e ogni sorta di bisogno improrogabile. O ancora l’assillo continuo del peso del neonato: avrà mangiato abbastanza? Starà crescendo bene? Per non parlare di tutte le domande idiote che ti sei sentita fare mentre allattavi (ci vorrebbe forse una top-five per questo!). C’è stato addirittura chi ti ha chiesto quanto latte prendesse tuo figlio ad ogni poppata: bella domanda! Peccato che ti servirebbe una tetta trasparente con le tacchette degli ml per saperlo!!! Insomma, mi dispiace per le donne incinta che stanno leggendo e per tutte quelle che hanno sognato di allattare il proprio figlio come nelle foto dei giornali, ma, care mie, ve lo devo dire, è dura. Durissima. Una faticaccia. E forse qualche volta sarete tentatissime di schiaffargli in bocca un bel biberon di latte artificiale (lo riempie, sai sempre quanto ne beve e glielo può pure dare il papà!!). Però (e c’è sempre un però)… sappiate che se deciderete di intraprendere questo duro cammino, ogni volta che, mettendo il vostro cucciolo sulla bilancia lo scoprirete cresciuto anche di un solo etto, vi sentirete un Dio sceso in terra…

giovedì 18 febbraio 2010

Fortuna

La invochi, la maledici, te ne prendi gioco. Lei ti guarda ammiccante, tu fai la gnorri, fingi di non crederle, ma poi, in fondo in fondo, la cerchi un po’ dovunque: in un incontro “giusto”, in una giornata di sole inaspettato, in una ricetta riuscita alla perfezione…
Ci credi, non ci credi, la corteggi, la ignori, e speri segretamente di poterla incontrare e guardarla dritta in faccia… perché «… ci sono fortune che vanno in braccio al primo che incontrano, fortune puttane che piantano subito e vanno col prossimo e invece ci sono fortune sagge che spiano una persona e la collaudano lentamente»*

*Erri De Luca, Tre cavalli, Feltrinelli

venerdì 12 febbraio 2010

Neve in città

Avevano annunciato neve, ma tu, scettica, non ci avevi creduto. Uomo Altrove e Piccola Despota avevano trascorso la serata a fantasticare su un meraviglioso pupazzo di neve: “mamma ce l’hai la carota per il naso? E due bottoni?”… “sì sì” hai risposto (e intanto pensavi al soffrittino che avresti fatto con quella carota…). Questa mattina vi siete svegliati, Despotina è andata dritta alla finestra e… DELUSIONE… niente neve! “che vi avevo detto? La neve a Roma capita ogni dieci anni!!”. Piccola Despota e Uomo Altrove se ne sono andati tutti imbronciati all’asilo. Tu sei rimasta a casa con il Cucciolo: colazione, letti, aspirapolvere, un occhio al pc e… ma cos’è quella robina bianca che scende giù dal cielo? Neve? A fiocchi così grandi? Sul tuo viso si è dipinto un sorriso ebete… ti sei sentita stranamente euforica e felice… avresti voluto urlare, chiamare mezzo mondo e dire: “c’è la neve!! A Roma!!!” poi ti sei voltata, hai visto il tuo Cucciolo, te lo sei preso in braccio e ve ne siete stati mezz’ora così, stretti stretti affacciati alla finestra, con quel tuo sorriso scemo stampato in faccia e gli occhi carichi di stupore. Dopo poco ti ha telefonato SuperNonna: “Hai visto? Nevica!! È bellissimo!!Allora sono al supermercato così faccio un po’ di scorta, che se nevica poi non si può uscire… prendo la polenta, con questo freddo! E un po’ di farina, così se vogliamo fare la pasta e… sì, del cacao, che a merenda facciamo la cioccolata calda… ”. Attaccato con SuperNonna ti sei precipitata nello sgabuzzino, hai preso la scala e hai cominciato a rovistare, finché non hai trovato un paio di scarponcini e dei guantini da neve per Piccola Despota: così, uscita da scuola, avreste giocato a palle di neve, sarebbe stato fantastico e… la carota per il pupazzo! E la macchinetta: le foto non potevano mancare. E poi di corsa: lavarsi, vestirsi, accudire il cucciolo, prendere tutto. Bene, ce l’avevi fatta… ma… cosa stava succedendo là fuori? Il sole?
Ok, piano B. Soffritto.

martedì 9 febbraio 2010

A scuola di dialetto!

C’è una cosa che devi confessare. Qualcosa che hai faticato tu stessa ad accettare, che non ti perdoni, ma che, crescendo, hai imparato a “mandar giù”. Talvolta ti sei scoperta leggermente intollerante. Una parola orribile, che vorresti cancellare dal tuo dizionario personale delle emozioni; un sentimento che speri i tuoi figli non provino mai. Eppure, nonostante tutta la tua apertura mentale, le tue idee politiche ecc, ecc, hai scoperto negli anni che c’è una cosuccia che ti rende un tantino intransigente: non sopporti sentir parlare MALE. Come diceva Moretti, “le parole sono importanti” e vederle gettar via così, a casaccio, ti crea una sincera sofferenza interiore. Non stiamo parlando di italiano puro, da Accademia della Crusca, non sei il tipo… ti faresti ridere da sola a pronunciare parole come “ella”, “codesto”, “costì”… Stiamo parlando, semplicemente, di riflettere almeno un secondo prima di aprir bocca e di non coniare parole nuove a ogni batter di ciglia… insomma, ci stai girando intorno, ma la realtà è che non sopporti il COATTESE. Quelli di Roma e dintorni sanno a cosa ti riferisci. Quel linguaggio “giovane”, tutto strascicato, che ti fa venire la pelle d’oca ogni volta che lo senti… tutti quei “bella regà”, “bella zi’” “bella ci’”… quel gergo così di moda tra gli adolescenti, che solo a pensarlo in bocca ai tuoi figli tra una decina di anni ti fa sentire male. Ora, seriamente, non sarebbe meglio tornare, semplicemente, al nostro bel dialetto? L’italiano ci sembra troppo pulito, accademico, formale? Bene, parliamo in dialetto. Ma quello vero. Quello de Roma. Quel dialetto ricco e fantasioso che ha nutrito generazioni di comici di altissima levatura e che, invece che far rabbrividire, riempie il cuore e allarga la bocca in un sorriso che spesso sfocia in una calda risata. Certo c’è da studiare, ma con un po’ di impegno si possono fare grandi progressi. Oppure si possono fare dei piccoli stage intensivi. Tipo un week end da SuperNonna: si invita lo zio Dedde, qualche parente, qualche zia acquisita molto pittoresca e il gioco è fatto. Basta un pranzo della domenica e le nozioni base sono già vostre.
Cominciamo, per esempio, dall’uso del plurale. Niente di più facile. Per ogni parola dal suono vagamente “forestiero” il plurale si fa, semplicemente, aggiungendo una “i” alla fine.
Ecco qualche piccolo esempio:

- Sport diventa Sporti
- Autobus diventa Auti
- Camion diventa Camii (qui meglio mettere due “i” visto che quella “n” finale si mostra alquanto minacciosa)
- Naylon diventa Nailii (come sopra!)

E così via… ora provate anche voi, esercitatevi e, se avete voglia, regalatemi qualche altro esempio…

giovedì 4 febbraio 2010

Mai dire MAI

C’è un detto a Roma. Una “metafora” forse poco elegante ma assai calzante e veritiera… non a caso è una delle “perle di saggezza” preferite da SuperNonna. A Roma si dice “non sputà in aria che te ricasca in testa”. Sì lo so, ve lo avevo detto che era poco elegante, ma tutte le mamme che stanno leggendo potranno confermare quanto sia vera. Insomma, quante volte avete affermato sicure: “Io non farò mai…” e poi vi siete ritrovate a fare esattamente quella cosa? Ecco, dal momento in cui siete diventati genitori questa frase vi è rimbombata nella testa milioni di volte. Perché la nascita di un figlio crea uno spartiacque, sancisce un prima e un dopo nella storia personale di ogni donna. E, inevitabilmente, ci si ritrova a cambiare atteggiamenti e opinioni, e ad avere uno sguardo sul mondo totalmente diverso. Talvolta più nitido, altre volte totalmente offuscato. Delle volte hai come la sensazione che un figlio faccia paradossalmente cadere ogni singola briciola di quelle “certezze” che si è faticosamente cercato di costruire nel corso degli anni. “Paradossalmente”, perché spesso hai sentito dire che diventare genitori significa gettare delle basi solide, lasciare una traccia… “basi”, “traccia”… tutte parole “stabili”, che indicano qualcosa di saldo e definitivo. Certo, nulla è più definitivo di un figlio, ma stranamente proprio questo straordinario evento tende a renderci estremamente provvisori. O perlomeno questo è quello che è successo a te.
Prima di diventare mamma non avevi molte certezze, ma quelle poche che c’erano erano irremovibili. Nella tua vita non avresti MAI votato per una certa parte politica, non ti saresti MAI fatta bionda, non avresti MAI mangiato cibi precotti, non saresti MAI uscita di casa senza una spolverata di fard sulle guance, e soprattutto non ti saresti MAI ritrovata in un parco giochi a urlare con tono isterico a tuo figlio/a di mettersi il cappellino di lana, come se fosse la cosa più importante del mondo (suvvia, siamo in un luogo pubblico, un po’ di contegno… e che sarà mai mezz’ora senza cappello? Non morirà mica di freddo!!!)… E se un paio di queste convinzioni rimangono solide (per quanto, un caschettino alla Carrà degli anni d’oro…) ce ne sono altre che sono miseramente crollate. E ora che sei madre di due frugoletti non ti sembra così sconveniente urlare a tua figlia di mettersi il cappello mentre scende tutta compiaciuta dallo scivolo a pancia in sotto… Perché c’è un’altra scoperta che hai fatto negli ultimi anni e che prima ignoravi: i bambini sono personcine che d’inverno si ammalano. Spesso. E trascorrere settimane reclusa in casa tra aerosol e tachipirine può essere alquanto alienante. E questa, cari miei, è una certezza. Almeno credi…

giovedì 28 gennaio 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Mom: piccola è ora di andare: saluta la nonna e prendi la giacca!
Piccola Despota: sì sì mo’ arrivo!
Mom: COSAAAAAAAA? (forse hai sentito male… forse ha detto “Mom”, sta imparando l’inglese…)
Piccola Despota: MO’ arrivo!
Mom: Tesoro di mamma e ora da dove viene questa parola? Non si dice “mo’”
Piccola Despota: la maestra lo dice.
E adesso che le rispondi? Non puoi screditare la maestra, ma non puoi neanche lasciare che continui a pronunciare quella parola terribile…
SuperNonna: la mamma ha studiato più della maestra. Mo’ non si dice.
Chiara e circostanziata. Non c’è niente da fare, SuperNonna non si batte.

venerdì 22 gennaio 2010

Elogio alla lentezza

Hai sempre fretta. Non fai che andare di corsa. Dove? Al supermercato, a prendere la piccola a scuola, dal pediatra… sempre con l’occhio fisso sull’orologio per non sforare mai cinque minuti sulla maledetta “tabella di marcia”. Già il nome la dice lunga: “tabella di marcia”, non c’è di che stare allegri! Delle volte ti stanca soltanto l’idea di dover sempre correre. Anche quando decidi di regalarti un momento di relax, chessò per una lunga doccia calda o per un paio d’ore di shopping sfrenato (ci risiamo!), devi necessariamente accelerare i ritmi per poter riuscire a ritagliarti quei preziosi minuti in più. Ma può ogni tua giornata essere una corsa contro il tempo? La risposta ti è magicamente arrivata ieri sera, quando, per addormentare Piccola Despota, ti sei trovata fra le mani un nuovo magnifico libro* nel quale gli animali del bosco si scambiano lettere tenere e poetiche spesso strambe ma sempre affascinanti. Questa è la lettera della tartaruga alla chiocciola:


Egregia chiocciola,
con mio gran dispiacere, ho fretta.
Cosa devo fare? Presto!
  La tartaruga

Verso sera, una lettera lenta, scritta con molta diligenza, scese avvitandosi nell’aria davanti ai suoi occhi.

Cara tartaruga,
che tragedia per Lei,
La fretta è una cosa detestabile.
La combatta, la metta KO, l’accartocci,
la riduca a una pallottola insignificante.
Poi la ficchi sottoterra.
E soprattutto resti calma.
Perché se noi due perdiamo la calma,
sono guai.
  La chiocciola

... meditate gente meditate... (e non lasciatevi scappare questo libro!!)

* Toon Tellegen, Lettere dello scoiattolo alla formica, Feltrinelli Kids

lunedì 18 gennaio 2010

Un minuto di raccoglimento

Oggi hai fatto una scoperta terribile.
A tua figlia non piacciono le big bubble.
Quelle meravigliose saporitissime gomme che con tanto entusiasmo le hai nascosto nella calzetta.
Quelle gomme inverosimilmente rosa che da piccola masticavi per ore fino a sentirti la mandibola a pezzi. Quelle magnifiche big bubble col pacchetto blu con le quali facevi gare su gare (una volta sei riuscita a infilartene in bocca una confezione intera battendo tuo fratello e fu una soddisfazione immensa).
Quelle big bubble con le quali facevi dei palloni spropositati che quando scoppiavano ti lasciavano appiccicata mezza faccia.
Ecco, quelle fantastiche, mitiche gomme, dolcissimo ricordo della tua infanzia, non hanno sortito alcun successo presso Piccola Despota. Oggi ne ha assaggiata una per la prima volta e tu eri emozionata per lei pensando alla festa che avrebbero fatto le papille gustative nella sua bocca e invece… niente. L’indifferenza. L’ha masticata due secondi e poi l’ha sputata con noncuranza. «Non mi piace» ha sentenziato secca. «Mi dai quell’altra?». Una vigorsol. Tua figlia ha barattato una big bubble per una vigorsol. Non puoi capacitartene. Sei atterrita. Sono duri colpi. Propongo un minuto di raccoglimento.

giovedì 14 gennaio 2010

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Piccola Despota: mamma, non puoi mangiare le patatine!
Mom: come?
Piccola Despota: non le puoi mangiare, ti fanno male!
Mom: veramente dovrei essere io a dirlo a te…
Piccola Despota: tu mangi troppe schifezze! (te lo stai sognando questo dialogo o sta accadendo davvero?)
Mom: … (incredula e con la bocca ancora sporca di patatine)
Piccola Despota: … quelle vanno nel tuo pancino, restano un po’ lì, poi salgono su su fino alla sisotta, e quando dai il latte al fratellino lui si mangia tutte le tue schifezze! E lui è piccolo non può mangiarle
Mom: sei stata da nonna oggi, vero?

lunedì 11 gennaio 2010

...

... Oggi ti senti così... silenziosa e malinconica... sarà questa pioggia lieve e costante che sembra scandire un battito, richiamarci all'ascolto... Sarà per questo che ti è tornata alla mente una poesia, piccola e preziosa... hai iniziato a ricordarla goccia a goccia, parola dopo parola, e ti è venuta voglia di "regalarla" a tutti coloro che stanno leggendo.

Io cammino fumando
e dopo ogni boccata
attraverso il mio fumo
e sto dove non stavo
dove prima soffiavo

Valerio Magrelli

giovedì 7 gennaio 2010

La Befana vien di notte

La scorsa notte, da brava Befana, hai preparato la calzetta a Piccola Despota. È stata una lunga, dolce notte. L’Uomo altrove era, neanche a dirlo, “altrove”, per cui ti sei dovuta barcamenare da sola fra l’eccitazione della despotina che non voleva saperne di addormentarsi (“voglio sentire la Befana che atterra con la scopa!!!”) e il Cucciolo che reclamava, come sempre, il suo frigo ambulante, ovvero il tuo seno. Alla fine, stremata, hai deciso di prendere due piccioni con una fava (“o la va o la spacca”, hai pensato): hai messo a letto la despotina, hai preso in braccio il Cucciolo, e mentre lui si attaccava avidamente al tuo seno, hai iniziato a raccontare una favola tutta stramba (naturalmente frutto della tua fantasia contorta) a tua figlia. Non sai spiegarti come, ma il mix ha funzionato, e dopo una mezz’oretta i tuoi bimbi si erano magicamente addormentati. “Wow!” hai pensato, “ora mi metto il pigiama, mi lavo i denti alla velocità della luce e mi infilo sotto le coperte anch’io!”. Ma i tuoi sogni di gloria si sono presto spenti quando ti sei ricordata che era la notte della Befana e dovevi preparare una splendida calzetta alla tua Piccola Despota. Così ti sei rimboccata le maniche, hai preso la busta dei dolcetti nascosta nell’armadio e hai cominciato ad allestire la tua calzetta: cioccolatini, galatine, lecca lecca, marshmallow e così via… riempivi e assaggiavi, assaggiavi e riempivi… e mentre ingurgitavi schifezze di ogni genere e forma, riaffioravano pian piano i tuoi ricordi dal passato… l’eccitazione che non ti faceva dormire, le cacce al tesoro in pigiama per cercare la calzetta, la scatola di latta dove SuperNonna riponeva tutti dolcetti che, dal 7 gennaio, diventava l’oggetto del desiderio per te e tuo fratello. All’improvviso hai sentito come un vuoto allo stomaco… ti sei domandata quante volte, da adulta, avevi provato emozioni come quelle: improvvise, spontanee, totali. È fantastica la capacità che hanno i bambini di gioire delle piccole cose. I loro sguardi colmi di gratitudine e sorpresa. L’adrenalina che li pervade quando si trovano davanti a qualcosa di inatteso. Tutte cose che fatichiamo a ricordarci quando cresciamo. Ma forse diventare genitori serve anche a questo: a farci indicare la strada, e farci insegnare da quei piccoli puffi cosa sia davvero importante nella vita. Un ultimo cioccolatino e chiudi il tuo tuffo nel passato. La calzetta è pronta. La poggi con cura sotto l’albero e te ne vai a dormire… e non vedi l’ora che sia mattina per poter vedere la faccia di tua figlia di fronte a quella sorpresa tanto attesa.

venerdì 1 gennaio 2010

Grandi soddisfazioni - Parte Seconda

Dunque eccoci qui, la partita ha inizio. Tra errori clamorosi, azzardi, e vere e proprie “botte di fortuna”, i giocatori cominciano ad uscire, uno a uno. Tu sei più volte sul punto di morire, ma poi, in un modo o nell’altro riesci sempre a rifarti. Finché il caso vuole che gli ultimi giocatori a rimanere in gara siate proprio tu e l’Uomo Altrove. Sai di non avere speranze: tu non giochi mai, e in più cominci anche a romperti e desideri soltanto che la partita finisca. Lui invece è adrenalinico e super concentrato come se ci fosse in ballo il gettone per il “Super Torneo Mondiale dei Mejo Campioni di Tutti i Tempi”. La partita fra di voi va avanti per un po’ finché tu non ne puoi più: spizzi le tue carte: donna e cinque. Né brutte né belle, ma la donna è di cuori e ti sta simpatica. In più la vuoi tagliare corta, tra poco dovrai allattare il cucciolo. «All in» dichiari decisa. Lui ti guarda con una smorfia: «Non hai niente», sentenzia. E viene a vederti. Si scoprono le carte: SHODOWN! Lui ha l’asso (Uff!!). Poi si mostrano le tre a terra: niente di buono. È in vantaggio lui. Un’altra carta, e un’altra ancora: UNA DONNA. Non ci credi: lo guardi incredula e gli chiedi: « Ho vinto?». Alzi gli occhi: l’Uomo Altrove è paonazzo e sta imprecando in tutte le lingue che conosce. Ma cos’è questa cosa che senti? Eh eh eh… SODDISFAZIONE… non pensavi si potesse provare una tale goduria… tu, pivellina del poker, lo hai battuto a mani basse. Sfoggi un sorrisino compiaciuto e con aria noncurante lo provochi: «Un’altra partitina, amore?».