martedì 25 maggio 2010

Tutti in sella!

Uomo Altrove: allora, amore di papà, c’è una grande sorpresa!!
Piccola Despota: cosa? Cosa? Cosa?
Uomo Altrove: devi indovinare!
Piccola Despota: mi ha comprato un regalo? Una Winx?
Uomo Altrove: acqua, acqua..
Piccola Despota: allora un gattino, un cagnolino… no, ci sono!!! Un altro fratellino!!
Mom: ma allora? Stiamo dando i numeri? Adesso cos’è sta sorpresa?
Uomo Altrove: Papo si è comprato la moto!!
Piccola Despota: WOW!!!Ci posso fare un giro? Dai dai dai!!! Andiamo veloce? Adesso adesso adesso!!!

Non lo conoscessi, ma lo conosci, il tuo Uomo Altrove. Quando deve annunciarti qualche novità, ma non si sente propriamente sicuro della tua reazione, fa sempre così, la butta lì davanti alla Despotina, così tu, di fronte all’entusiasmo spropositato dei suoi occhi stupefatti, non puoi far altro che acconsentire, di qualunque cosa si tratti. Ecco, questa è senza dubbio una di quelle occasioni. In questo momento, infatti, vorresti precisare una o due cosine, ma l’euforia di Piccola Despota non ti lascia spazio. Innanzitutto vorresti puntualizzare che si tratta soltanto di uno scooter e non di una moto vera e propria, e poi che no, non esiste che lei vada in moto, cioè in scooter, meno che mai che vada veloce.
Ecco, vorresti dirle tutte queste cose e molte altre ancora. Ma come puoi farlo? È tutta emozionata all’idea di salire su quella cosa a due ruote che per lei è meglio di un Harley Davidson. Non sta nella pelle alla sola idea di poter andare in moto con il suo Papo. È bellissima. E poi all’improvviso un flash. Ti rivedi bambina, sul vialetto di casa insieme a tuo fratello ad aspettare che tuo padre torni dal lavoro. Con la moto. E già, anche nella tua famiglia c’è stata la “fase moto” (forse che a quarant’anni gli uomini si illudono che bastino due ruote per tornare giovani? MAH!). Lo aspettavate lì ogni sera e litigavate su chi sarebbe salito per primo. Qualche volta si accodavano anche gli altri bambini del palazzo. Tutti in fila per fare un “giretto in moto”. Soltanto il giro del palazzo, ma era fantastico. Che emozione. C’era anche un po’ di fifa, ora che ci pensi, ma in fondo era bello anche per questo. Ti sentivi grande e importante su quelle due ruote. Ed era uno dei pochi momenti in cui eri sola con tuo padre. Qualcosa di assolutamente esclusivo. Come negarlo ora alla tua Despotina?

martedì 18 maggio 2010

Un ultimo saluto

Si è spento oggi Edoardo Sanguineti, uno dei tuoi poeti preferiti. Qualche anno fa hai addirittura “rischiato” di intervistarlo. Hai trascorso notti insonni girandoti nel letto e rimuginando su cosa avresti mai potuto chiedergli. Ti sei emozionata alla sola idea che quel sogno potesse realizzarsi. Alla fine l’intervista non si fece più, ma fu bello anche soltanto immaginare di poterlo incontrare. Sai che rischi di apparire anacronistica, ma quando oggi hai ricevuto la notizia, hai provato un dispiacere profondo. Difficile spiegarlo a parole. Sarà che quando ci si emoziona tanto nel leggere dei versi, si finisce, forse scioccamente, per sentire quel poeta come una persona cara, un amico, uno di famiglia, che ha condiviso con te momenti importanti. E con Sanguineti ti sei emozionata molto. Le sue parole ti hanno scosso, stupito, talvolta scioccato. E, ogni volta, ti hanno regalato un palpito, un fremito diverso. Tale è il potere della poesia quando è davvero grande. Tutte queste parole, te ne rendi conto, sono davvero piccolissime, e probabilmente inutili. Preferisci lasciare spazio ai suoi versi. Hai scelto, con grande difficoltà, questa poesia. È per voi. Assaporatela.


da che cosa (mi chiedo) mi cerco, che mi scappo, così scappando, galoppando, sempre?
da me, lo so: (dal mio essere morto): (un molle morto): (scappo da una mia mala morte):
(che non è mica che mi insegue, poi): (e che non è che mi sta già alle spalle, adesso,
probabilmente, nemmeno):
                                        scappo dalla mia vita: (da te, cioè, che sei tu la mia vita):
(se tutto questo ha così poco senso, che farci allora?): scappo in me, scappo in te:
nel mondo tuo, nel mio: (io che ho pensato, persino, una volta, che, dalla vita, ho avuto
tutto, avendo avuto te):
                                       quando si arriva, c’è un grido: si dice tana: (è la fine, sul serio):*


*Edoardo Sanguineti, Cose, Tullio Pironti Editore.

sabato 8 maggio 2010

Cara Ministra... a Lei un assaggio di "normalità"

Ti eri ripromessa di non parlare di politica su questo blog. Perché ti conosci, e sai che ti surriscaldi facilmente quando si tratta l’argomento. Ma è più forte di te, stavolta proprio non ce la fai a mandare giù questo rospo. Impossibile farlo. Sei troppo indignata, offesa, e terribilmente arrabbiata, per non dire ciò che pensi. Perché una giovane donna, neo-mamma, ai vertici del Governo, qualche giorno fa ha rilasciato un’intervista che ha dell’incredibile. Si tratta, manco a dirlo, della nostra cara Ministra Gelmini che, dalle pagine del Corriere della Sera, ha beatamente “detto la sua” su temi giusto un tantinello spinosi, quali il lavoro e la maternità. Ora, a chi non avesse già letto quell’articolo, verrebbe da chiedersi: cosa avrà detto mai la nostra Ministra? Forse che la maternità in Italia non è ancora abbastanza tutelata? O piuttosto che le mamme di oggi sono costrette a fare i salti mortali per tornare a lavorare dopo tre mesi (quando verosimilmente ancora si allatta il proprio cucciolo, e non ci si è ancora riprese dalle varie crisi post-partum)? O avrà forse posto l’accento sulla mancanza di strutture adeguate a sostegno di queste mamme che, nella maggior parte dei casi, non possono neanche permettersi di pagare la retta di un asilo privato? Insomma, in quale modo, verrebbe da chiedersi, da donna, mamma e rappresentante del Governo, l’esimia Ministra ha dimostrato la sua solidarietà alle altre donne? È presto detto. Semplicemente non l’ha fatto. Piuttosto, ha preferito affermare: «anch’io, come la D’Amico, ho più facilità di altre donne a tornare subito a lavorare senza trascurare mia figlia. Ma non vuol dire non essere una buona mamma, dovrebbero farlo tutte». Avete letto bene. Il virgolettato parla chiaro. Dovremmo farlo tutte, care mamme. Perché non tornare a lavorare dopo dieci giorni come la stakanovista Ministra? Forse perché, OPS! a noi non allestiscono una nursery privata in ufficio, ed è già tanto se non ci sfilano la sedia da sotto il sedere al primo mese di gravidanza? O piuttosto perché non possiamo permetterci tate, bambinaie e colf varie, e dobbiamo ritenerci già fortunate se riusciamo a reclutare qualche santo nonno che ci aiuti a non impazzire totalmente? O, più semplicemente, sarà perché la legge non ce lo permette? Non aveva considerato questo piccolo particolare l’esimia Ministra? Ma che svista grossolana! Possibile che la Gelmini non ricordi come si esprime la legge italiana in proposito? Sembra che neanche la giornalista che la sta intervistando riesca a crederci:
«Però le donne normali che lavorano dopo il parto sono costrette a stare a casa.
Lo giudico un privilegio.
Un privilegio? Non è un diritto?
Una donna normale deve certo dotarsi di una buona dose di ottimismo, per lei è più difficile, lo so; so che è complicato conciliare il lavoro con la maternità, ma penso che siano poche quelle che possono davvero permettersi di stare a casa per mesi. Bisogna accettare di fare sacrifici».
Ecco qua la ricetta! Un po’ di sano ottimismo e tutto va a posto, care mamme! Come abbiamo fatto a non pensarci? È così semplice!
C’è poco da ironizzare stavolta. Le parole della Gelmini sono serissime. Purtroppo. E questo stralcio di intervista è assai eloquente. Non ci sarebbe davvero bisogno di aggiungere altro. A te sono bastate poche parole per sentirti davvero profondamente indignata. Possibile che nel 2010 si debba ancora sentir parlare di maternità in questi termini? “Sacrifici”? “Privilegio”? Per non parlare della definizione di “donna normale”. Quale sarebbe, di grazia, questa donna che lei cita, cara Ministra? Ha idea di quale sia la normalità per le mamme lavoratrici in Italia? Da ciò che afferma, si direbbe di no. Perché sa qual è il vero privilegio in questo Paese per noi mamme? Quello di poter fare una scelta che non sia obbligata. Perché ogni mamma dovrebbe poter essere libera di scegliere cosa è meglio per lei e per i propri figli. E decidere se, quando e come tornare al lavoro. Senza dover subire pressioni di alcun genere e senza dover inesorabilmente essere risucchiata dai sensi di colpa. Allora sì che la maternità sarebbe, come lei dichiara, uno «stato di beatitudine».

giovedì 6 maggio 2010

Brodo primordiale

Nella mommy’s house è iniziata una nuova era. L’era del brodo vegetale. Ebbene sì, dopo sei mesi da idrovoro, il Cucciolo ha inaugurato la sua laison con le PAPPE. O meglio, con LA pappa. Per il momento, naturalmente, è una sola, anche se bella tosta. Che poi, diciamolo, sebbene tu sia ormai alla tua seconda esperienza col brodo vegetale, anche stavolta ti sei dimostrata quantomeno ingenua ed hai aspettato con trepidazione il fatidico arrivo della prima pappa. Non vedevi l’ora, contavi i giorni, e come una pivellina continuavi a fantasticare su quanto sarebbe stato divertente vederlo impiastricciarsi con il cucchiaino, imboccarlo amabilmente e preparargli con le tue sante manine ogni sorta di omogeneizzato… e già, nella mommy’s house solo cose fatte in casa, anche perché SuperNonna non potrebbe mai perdonarti l’acquisto di un omogeneizzato, la prenderebbe sul personale: “non comprerai mica quei vasetti, lì? Che ci vuole a frullare un po’ di carne?”. E infatti, come al solito per SuperNonna è tutto straordinariamente facile e tu non reggi mai il confronto, perché, devi ammetterlo, non ricordavi che il brodo vegetale fosse una tale rottura di balle. Il primo giorno, è vero, è stato addirittura emozionante preparagli quel brodino. Hai cercato per giorni e giorni La Zucchina più bella che ci fosse in circolazione – sbagliando, anche lì, le basi: “mica la cercherai al supermercato!!!devi andare al mercato dal “contadino”!!!... (che poi sarà davvero un contadino, quello lì? BAH!!) – poi una carotina, una patata e via, hai osservato orgogliosa il tuo brodo bollire, poi hai passato, frullato (cercando di sovrastare con il minipimer le urla del Cucciolo affamato che reclamava il suo pasto), mescolato, e voilà… la pappa è pronta! Che soddisfazione dare al tuo Cucciolo una pappa preparata in casa! E così il secondo, e il terzo giorno, la prima settimana… finché non ti sei accorta che stare lì, ogni mattina, a pulire verdurine e preparare il brodo mentre stai ancora sorseggiando il caffè, con due fessure al posto degli occhi e la Despota che tira i cerali per tutta la cucina, ecco, non è che sia proprio così fantastico. Bene, l’hai detto. Ti sei tolta questo peso. Ora, naturalmente, da brava mamma premurosa, continuerai a frullare e mescolare con le tue manine ogni sorta di ingrediente fresco e genuino per il tuo Cucciolo (… e magari qualche volta comprerai qualche omogeneizzato di contrabbando, tacendo il tutto a SuperNonna), però, forse, non lo farai proprio sorridendo e trepidando d’emozione. Ma questo, non lo dite a nessuno…

domenica 2 maggio 2010

Schegge di primo maggio

L’eccitazione nello scoprire il sole, la mattina, fuori dalle tapparelle
La strana emozione nell’indossare la prima manica corta della stagione
La sacca enorme colma di giochi (pallone, racchettoni, bolle di sapone…)
La caccia al posto migliore del prato
Il plaid scozzese sdraiato per terra
Il tumulto di urla, risate, corse…
I capelli appiccicati di sudore sulla fronte
L’odore di bruschetta e carne alla brace
Le taniche d’acqua, che tanto non bastava mai
Le parolacce “proibite” dei grandi mentre parlano di politica
Il caldo, i gavettoni, voi bambini a fine giornata tutti in mutande e canottiera
Quella sensazione meravigliosa cui non sapevi dare un nome (ora lo sai, libertà…)
E l’ostinata certezza che quei giorni sarebbero durati per sempre…