mercoledì 30 settembre 2009

... Dacci oggi il nostro pane quotidiano...

Succede questo. Da otto mesi, ovvero da quando il tuo ventre ha iniziato ad accogliere un’altra vita dentro di sé, hai iniziato a sentirti vagamente speciale… e chissà per quale ragione, ti sei stupidamente illusa che anche le persone intorno a te potessero cogliere il raggio di sole che illuminava il tuo volto, le ali che improvvisamente ti facevano leggera leggera, o più semplicemente hai pensato che potessero guardati compiaciuti per quel piccolo miracolo che portavi in te… Ma presto ti sei accorta che la realtà era piuttosto diversa. Per molte delle persone qualunque che in questi mesi hai incontrato alla posta, in banca, al supermercato o in un laboratorio di analisi, altro non eri che una donna sospettosamente gonfia che minacciava di saltare la fila.
E ad ogni nuova occasione, questi volti sconosciuti hanno incrociato il tuo sguardo stupito, incapace di credere davvero che a nessuno di loro venisse spontaneo rivolgerti un sorriso e magari (dico magari) cederti il proprio posto. E ogni volta ti sei sentita dire che la colpa era la tua, che dovevi tirare fuori le unghie, che ormai eri arrivata a trent’anni e ancora non avevi capito come girava il mondo. Puntualmente hai incassato le critiche e ti sei ripromessa ti cambiare atteggiamento, senza mai riuscirci. Fino a qualche giorno fa, quando, fuori da un ufficio comunale, ti imbatti in un signore che occupa bello bello un posto riservato a donne incinta e se ne sta lì a sfogliare il suo giornale. Pensi: è questo il momento di farsi valere, stai quasi per partorire, il tempo a tua disposizione sta scadendo. Ti accosti, gli suoni ripetutamente, ma quello fa lo gnorri… desisti, non ci riesci… ti fai un altro giro del parcheggio, e un altro e un altro ancora, ma niente… tutti i posti sono occupati. Ok. È il tuo momento. Sei determinata. Ti fai forza. Stavolta accosti e scendi dalla macchina. Ti avvicini cordiale e gli fai notare il cartello che campeggia sopra la sua testa:
– Mi scusi, signore, lei è in un posto riservato!
– Ah sì? Non me ne ero accorto.
– Eh già…
– E ci si vorrebbe mettere lei?
– Sa, è riservato alle donne in dolce attesa! – e ammicchi alla tua pancia strabordante di gestante all’ottavo mese.
– Ah, ho capito!
Torni alla macchina, ingrani la prima e aspetti… finché non vedi il “gentil signore” prendere di nuovo fra le mani il giornale e rimettersi a leggere… rimani senza parole e senti la rabbia che comincia a salire, le orecchie che si fanno paonazze, il fiato che si strozza in gola. Che fare? Scendere e buttare fuori tutta la tua indignazione, o ingoiare l’ennesimo rospo? Qualcun altro sceglie al posto tuo: scende un ragazzo che ha assistito alla scena, incredulo quanto te, ma più arrabbiato e meglio piazzato. Comincia a inveire contro il signore e lo intima di lasciarti il posto. Alla fine te li trovi entrambi davanti agli occhi che si prendono a male parole: urlano, inveiscono, ti puntano il dito contro. Senti quel prepotente usurpatore di posti farneticare frasi del tipo “non me lo aveva detto che era incinta!!” e poi rivolgersi a te con il fumo negli occhi e pronunciare le testuali parole:
– Io non sono obbligato a lasciarle il posto… sa leggere? Legga qui il cartello. C’è scritto che non è una prescrizione, ma che si rimette al senso civico di ognuno.
Lo guardi ancora più stupita e non puoi far altro che rispondere: “Appunto”. Intanto continui a osservarlo e non riesci a nascondere il tuo disorientamento: un signore sulla sessantina è davanti a te, giovane donna incinta, e ti urla contro. E non prova alcun imbarazzo. Ne provi tu per lui. Ti senti in imbarazzo per quell’uomo che potrebbe essere tuo padre, che forse è un nonno, e non prova, non dico tenerezza, ma neanche un vago senso di rispetto per la vita che porti dentro.
Tornando a casa, nella tua auto, non riesci a non pensare a quello che ti è successo. Sei scossa. E avvilita per quella porzione di mondo che quell’uomo rappresenta. Disgustata dall’arroganza ormai dilagante. E pensi, tristemente, che in fondo tutto torna. E ti accorgi che per quanto ci si voglia distaccare da quella porzione di mondo, si finisce sempre per ritrovarsela davanti, sbattuta in faccia anche quando non vorresti, come un culo su uno qualsiasi dei mille cartelloni pubblicitari che sei obbligata a guardare, a incrociare, a subire, ogni volta che svolti l’angolo. Con la stessa volgarità. La stessa violenza. La stessa maledettissima arroganza.

lunedì 28 settembre 2009

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Mom: Non so come fai tu con tre figli… io già sto nel panico con una sola, quando penso che ne sta arrivando un altro…
Amica: Guarda, devo dire, ormai mi sono organizzata: certo tre figli sono stancanti, ci sono sempre mille cose da fare, ma… forse l’unico momento davvero tragico è la sera: il piccolo con la poppata, i grandi che hanno fame… il tempo sembra non passare mai!
Marito: Ma te lo avevo detto, amore: ti serviva una persona che ti aiutasse un paio d’ore la sera, certo una di fiducia…
Amica: Tipo un marito, intendi?

giovedì 24 settembre 2009

Appuntamento al buio

La notte non dormi più… l’insonnia ti logora… Arrivi alla sera sfinita, ma appena tocchi il letto, Tac! Occhi spalancati sul soffitto! Hai provato tutti i possibili rimedi: la banale camomilla, le più elaborate tisane, ti sei fatta rifilare intrugli di ogni tipo dal tuo “erborista di fiducia”, hai anche ceduto alla valeriana, ma niente… il sonno non arriva. Il letto è diventato un luogo ostile, dove ogni sera ti attendono, come da bambina, mostri di ogni tipo... Parliamoci chiaro: il parto è vicino e tu hai una paura fottuta… hanno un bel dire tutti quanti che è il secondo figlio, e tanto fai il cesareo, e c’è l’epidurale, e una volta si partoriva in casa… ma chi se ne strafrega di come facevano una volta: tu hai partorito in clinica, camera singola, tre epidurali e quintali di antidolorifici, ma certo non è che quel giorno resti nei tuoi ricordi come una passeggiata di salute! E poi chi l’ha detto che “i dolori del parto si dimenticano”? Niente di più falso. Non si dimenticano. Non si possono dimenticare. Sono fra i ricordi più vividi nella memoria di una donna… che poi quel fagottino che ti ritrovi fra le braccia abbia il potere magico di farti pensare che ne sia valsa la pena… bè, questa è tutt’altra faccenda… ma per un’ipocondriaca cronica come te, riuscire a pensare “serenamente” a una sala operatoria, a camici e flebo, è qualcosa di alquanto improbabile… E allora cosa fare? Come arrivare a quel giorno ancora sana di mente? E nell’immediato, come vincere questa bastardissima insonnia? Decidi di mettere in atto una delle tue tecniche preferite… fai l’indifferente. La ignori, la bastarda, e scegli la via della “leggerezza”: un bel libro, cioccolatini, quattro cuscini comodi comodi e... «Adda passa' 'a nuttata».

lunedì 21 settembre 2009

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Piccola Despota: mamma, allora ci ho pensato, va bene se arriva un fratellino!
Mom: bene! Lo sapevo che alla fine saresti stata entusiasta, vedrai sarà bellissimo, qualcuno con cui giocare, scherzare e…
Piccola despota: sì sì però ci sarebbe una cosa
Mom: cosa, amore?
Piccola despota: io preferirei una sorellina, ok?
Mom: bè ecco, sai…
Piccola despota: no, mamma, davvero meglio una sorellina. Ok?
Mom: e no piccola non è così semplice, c’è una cosina che non ti abbiamo spiegato…
Piccola despota: la chiamiamo Gaia?
Mom: no, ecco proprio non si può…
Piccola despota: ho detto una sorellina. E basta!
Mom: aspetta un attimo, ho papino al telefono “Sì amore, codice rosso: quali sono i tempi per l’adozione?”.

sabato 19 settembre 2009

... e anche stasera abbiamo cenato!

Anche questa sera, inesorabile, è arrivata l’ora della cena. E anche stavolta ti ha sorpresa all’improvviso: hai guardato l’orologio e… già le sette! Hai aperto il frigorifero: e ora che ti inventi? Tu stai morendo di fame, potresti mangiare qualsiasi cosa: un panino al volo, una pizza al take-away, un kebab… ma la bimba no. Lei deve mangiare SANO. Un’alimentazione equilibrata: proteine, carboidrati, vitamine. Tutto.

‒ La vuoi amore la carne stasera?
‒ Non mi va.
‒ Allora pesce? ‒ tu, stratega sopraffina, hai sempre qualcosa nel congelatore.
‒ No.
‒ Un’ovetto?
‒ Mmm ‒ forse ci siamo… un momento di suspense... e poi la sentenza:
‒ No.
‒ Allora cosa vuoi tesoruccio dorato di mamma?
‒ La pasta!
‒ Sì, buona idea, fai la pasta anche per noi! ‒ è la voce di tuo marito. Ci si mette anche lui con le richieste.
Ok, è andata per la pasta. Ti inventi un sugo improbabile, ed ecco fatto. E per secondo? Ragioniamo. Una cosa veloce. Formaggio, prosciutto, ma sì, senza cucinare troppo. Ok hai visto? Non c’era di che preoccuparsi. Il pasto completo. Sei brava. Ce l’hai fatta. Carboidrati, proteine… e… e le vitamine? Omioddio, la verdura. E cosa ti inventi alle sette di sera?
‒ La vuoi una bella mela principessa della casa?
Chissà perché ti senti tanto la strega cattiva di Biancaneve…

venerdì 18 settembre 2009

DIALOGHI DELL'ASSURDO

Mom: Mamma, sai questo week end pensavo di portare la bambina al bioparco, si divertirà da matti
SuperNonna: Al bioparco? Ma è troppo piccola per queste cose!… Portala allo zoo piuttosto!

mercoledì 16 settembre 2009

Una famiglia normale

Ieri mi sono finalmente concessa una serata con le mie amiche storiche. Cibo, vino, chiacchiere, gelato e ancora chiacchiere… a un certo punto una di loro mi guarda seria e sentenzia: «bè, certo che ora che siete sposati siete proprio diventati una “famiglia normale”!». Tornata a casa, nel mio letto, faticavo ancora a trattenere le risate. Perché per definire “normale” la mia famiglia ci vuole molto senso dell’ironia.
Dunque il mio nucleo familiare è così composto:
Mom, cioè io: incasinata, a tratti isterica, lunatica instabile e quant’altro avrete modo di scoprire se vorrete seguirmi nelle mie pazze giornate e nei miei folli pensieri.
L’uomo altrove, ovvero mio marito, sempre con la testa fra le nuvole, monosillabico, eternamente avvinghiato ai suoi oggetti del desiderio: cellulare e pc.
Piccola despota, mia figlia. In apparenza un angioletto biondo, nella realtà una tiranna di 16 chili per un metro, in grado di accentrare tutto e tutti su di sé.
Piccolo uomo, il mio fagottino in arrivo, un maschietto che porto dentro me… e che mi auguro riuscirà a farmi riconsiderare le mie teorie sugli uomini.
Ora, mischiate i tre elementi (più il fagottino presto presente) in modo del tutto caotico e casuale, fateci girare attorno una SuperNonna e mille altre molecole impazzite e… il risultato sarà la mia “Famiglia normale”!!!!

lunedì 14 settembre 2009

Una nessuna centomila

Come si fa ad essere mamme premurose, mogli fedeli e affidabili, amiche sincere, amanti appassionate, donne indipendenti, ma senza esagerare, (ovvero: è meglio se lavori così porti a casa un po’ di soldi, ma non troppi che se guadagni più di lui poi soffre di inferiorità conclamata e ti si deprime)… Bene, come si fa ad essere tutte queste cose insieme senza diventare schizofreniche? O completamente pazze?
Se lo sapessi non starei qui a scrivere un blog.

Il tuo capo ti vorrebbe sempre disponibile, senza famiglia, senza orari, possibilmente senza neanche un compagno, così gli uomini del “branco” ci possono provare con meno scrupoli…
Tuo marito ti desidera affettuosa e sempre presente, devi cavartela in cucina, saper stirare le camice, accoglierlo sorridente quando rientra a casa, e possibilmente non con una squallida tutina addosso, altrimenti smette di trovarti attraente e se ne cerca un’altra.
È notevolmente apprezzato inoltre, se, smesse le vesti di piccola geisha tra le mura domestiche, ti trasformi in una pantera sotto le lenzuola.
Tua figlia non ti chiede in fondo nulla… vorrebbe solo averti tutta per sé. E che le inviti le amichette tutti i giorni a casa. E che tu sia disponibile a portarla a musica. E a nuoto. E che ogni tanto le faccia un dolce fatto in casa. E che parli con la maestra. E…
E tu cosa vorresti? Qualcuno se lo è mai chiesto?

venerdì 11 settembre 2009

Cominciamo dall'inizio...

Hai sempre desiderato avere un figlio. Hai questo senso di maternità che ti spinge nello stomaco da quando avevi più o meno sedici anni. Assurdo. Lo so. Ma, così è…
A un certo punto della tua vita, tac! Incontri lui. E, accidenti, ti sembra proprio l’uomo giusto. Vive da solo, sa cucinare, ti coccola, si prende cura di te. E poi ti fa ridere moltissimo. È lui, pensi! Sarà il padre dei miei figli. Detto fatto. Un anno dopo nasce vostra figlia.
Nel frattempo, accecata da questo senso di magica euforia, tu, pessimista cronica, sei stata invasa da una ventata di ottimismo (cosa non fanno gli ormoni!!) e hai pensato che il fatto che il tuo lavoro fosse totalmente precario, la vostra casa di 45 mq, la tua vita ancora totalmente incasinata, ecco, hai pensato che tutto questo, in fondo in fondo, non fosse poi un gran problema.
State ridendo anche voi?